Casi sospetti di coronavirus in diversi team di Formula 1. Un eventuale contagio confermato bloccherebbe il Mondiale e le fabbriche delle scuderie
Di contagi confermati, per ora, non se ne sono verificati, ma in compenso i casi sospetti di coronavirus nel paddock della Formula 1 iniziano a diffondersi. Ieri tutto era cominciato da un uomo della McLaren e quattro della Haas (rispettivamente un ingegnere e tre meccanici) che presentavano sintomi sospetti: “Dobbiamo stare particolarmente attenti, ma al momento siamo in grado di gestirla”, ha spiegato il team principal della squadra americana, Gunther Steiner, ai microfoni del quotidiano Blick.
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Oggi anche la Williams ha confermato un caso sospetto e, secondo le voci, lo stesso sarebbe successo anche a membri dei team AlphaTauri e Ferrari. Tutte le persone in questione sono state poste in isolamento, in attesa di ricevere il risultato dei tamponi. Se si riscontrasse almeno una positività, ovvero se almeno uno di questi contagi venisse confermato, le conseguenze per il circus iridato potrebbero essere gravissime.
Ovvero, che “tutte le persone che sono state esposte” sarebbero messe in quarantena, ha chiarito ad una radio locale il responsabile statale della sanità Brett Sutton. Una fonte nel paddock di Melbourne ha efficacemente sintetizzato: “Se arrivasse un’altra brutta notizia, il Gran Premio sarebbe finito”, e forse anche l’intera stagione 2020.
Ma non è tutto: nel caso di una diffusione dimostrata del virus all’interno del paddock della Formula 1, intere fabbriche potrebbero essere costrette alla chiusura: “Gli ingegneri potrebbero lavorare da casa”, spiega un membro dell’Alfa Romeo, “ma per la produzione questo non è possibile”. Fare previsioni, in questo momento, è impossibile: “Stiamo monitorando la situazione di ora in ora, di giorno in giorno”, ha dichiarato il direttore sportivo della Renault, Alan Permane. “Ma nello scenario peggiore ci aspettiamo che la stagione si concluda dopo due gare”.
Molti addetti ai lavori puntano il dito contro la Federazione internazionale dell’automobile e contro Liberty Media, accusandoli non aver comunicato e agito con sufficiente decisione di fronte a questa crisi. Lo stesso sindacato dei piloti, la Grand Prix Drivers Association, sarebbe preoccupato e arrabbiato, secondo le indiscrezioni che circolano.
“Il problema è serio”, riconosce il pilota della Red Bull, Alex Albon. E il boss della Renault, Cyril Abiteboul, gli fa eco: “Dobbiamo stare molto attenti al messaggio che lanciamo, il nostro compito è di essere dei modelli”, ha spiegato ai microfoni di Canal Plus. “Dobbiamo trovare un equilibrio tra una risposta appropriata e attenta e il principio che lo spettacolo deve andare avanti. Se non sei preoccupato, vuol dire che vivi in un altro pianeta. Era inevitabile che la Formula 1 fosse coinvolta dal coronavirus. Ovviamente voglio correre, ma non a qualsiasi prezzo”.
E anche fuori dai cancelli del paddock monta la protesta contro il Gran Premio d’Australia. Un gruppo di medici locali ha proposto il boicottaggio contro la gara, nel timore che l’assembramento di 300 mila spettatori attesi nel corso del weekend possa accelerare la diffusione della malattia. La professoressa Mary Louise McLaws, dell’università del New South Wales, ha dichiarato al quotidiano di Melbourne Age che i tifosi dovrebbero assistere alla corsa da casa, mentre il professiore associato dell’Associazione medica australiana del Victoria, Julian Rait, ha aggiunto che consiglierà alla sua famiglia e ai suoi pazienti di non presentarsi.
Ieri su Twitter l’hashtag #CancelTheGrandPrix (ovvero, “cancella il Gran Premio”) era al terzo posto nella classifica dei trending topic, e sulla piattaforma Change.org è partita una petizione per chiedere l’annullamento dell’evento. Ma l’ultima indicazione del governo dello Stato del Victoria, dove si trova Melbourne, è che la gara può andare avanti. Almeno per ora.
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