Andrea Iannone parla del suo passato, da quando era ragazzino e seguiva in tv le imprese di Valentino Rossi, a quando lasciò la Ducati per la Suzuki
Anche le attuali star della MotoGP sono stati ragazzini. E magari, ad anni di distanza, si sono ritrovati a correre proprio contro i loro idoli di gioventù. Questo è esattamente il caso di Andrea Iannone, che oggi rievoca i momenti in cui seguiva il Motomondiale dalla televisione, insieme a suo fratello Angelo, e tifava per Valentino Rossi.
-> Per restare aggiornato sulle ultime notizie di F1, MotoGP e Superbike CLICCA QUI
“Mio fratello era più biaggista che rossista, all’epoca Max correva già in classe 500”, racconta in una diretta Instagram svolta proprio insieme a Biaggi. “Ma quando avevo sette anni Valentino vinse il suo primo titolo nella classe 125 e io ero affascinato da lui, era un ragazzino giovane, mi piacevano le gag che organizzava dopo le gare”.
I rimpianti di Iannone per l’addio a Ducati
Iannone si trova a Lugano in quarantena e trascorre le giornate con i suoi familiari, ad allenarsi e a lavorare sui suoi kart. Il momento ideale per riguardare al passato, ai bei ricordi ma anche ai rimpianti. Uno tra tutti: “Aver lasciato la Ducati… Del passato vorresti sempre cambiare qualcosa, ma adesso a che serve?”.
Iannone riconosce infatti che andarsene dalla Rossa di Borgo Panigale è stato un errore: “Quando ho lasciato Ducati venivamo da una stagione molto positiva e la moto aveva un’accelerazione e una decelerazione spaventose”, spiega. “Ma faceva fatica a curvare, sia in inserimento che in percorrenza. Alla Suzuki avevo trovato una buona sensazione in curva ma in accelerazione e in frenata soffriva molto di più. Oggi ci vuole un compromesso, una moto che rallenta forte, ma che ti permetta di avere una percorrenza discreta dove serve e, dove non serve, una trazione buona per alzarla subito e accelerare. Perdere due o tre decimi in frenata è un’infinità”.
Così prosegue Andrea Iannone a raccontare il passaggio da Ducati a Suzuki: “Quando sei in un ambiente da tanti anni, come me in Ducati dopo quattro anni, neppure vuoi sapere cosa combinano. Nel senso che io spiegavo le mie problematiche, loro mi dicevano che cosa vedevano e cosa avevano in mente. C’era una fiducia tale che difficilmente si sbagliava una mossa. Quando sono passato in Suzuki è stato tutto un po’ diverso, perché c’erano persone nuove che non mi conoscevano. E quindi ero dispostoa seguire un po’ più da vicino lo sviluppo, come è successo anche in Aprilia. All’inizio sto più addosso per capire meglio, sono più presente. Più tempo passi con gli ingegneri meglio è, soprattutto l’ingegnere di pista”.