Come già hanno fatto McLaren, Williams e Racing Point, l’intera organizzazione della Formula 1 manda metà del suo staff in cassa integrazione
Seguendo la strada tracciata da McLaren, Williams e Racing Point, ora l’intera organizzazione della Formula 1 fa scattare la cassa integrazione per circa metà del suo staff. Per il gruppo americano Liberty Media, che detiene i diritti sportivi del campionato del mondo a quattro ruote, infatti, la pandemia di coronavirus rischia di rappresentare un grosso problema dal punto di vista finanziario.
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Se la stagione dovesse saltare del tutto, infatti, virtualmente non entrerebbero soldi in cassa, e anzi la Formula 1 dovrebbe rinunciare alle quote pagate dai promotori dei singoli Gran Premi e dalle emittenti televisive. D’altra parte, però, sul bilancio continuerebbero a pesare le spese, che l’anno passato ammontavano in totale a 381 milioni di dollari, esclusi i pagamenti dei premi ai team, che in totale assommano a un miliardo e 12 milioni.
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Tra le voci di spesa, una delle principali riguarda proprio il personale, che è aumentato in maniera significativa di numero da quando la Liberty Media ha preso le redini del campionato ad inizio 2017: ad oggi sono ben 400 i dipendenti che lavorano tra il quartier generale al centro di Londra e la struttura di Biggin Hill, nel Kent, dove si lavora alla produzione televisiva.
Per questo motivo circa metà dello staff della Formula 1 è stato ora messo a riposo forzato durante il periodo di quarantena, e anche la dirigenza ha accettato di ridursi lo stipendio del 20%. Quando all’amministratore delegato Chase Carey, probabilmente il suo sacrificio, sempre su base volontaria, sarà ancora più ingente.
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