Anche i due team di Formula 1 motorizzati Ferrari, Alfa Romeo e Haas, si rivolgono alla cassa integrazione e pensano a tagliare gli stipendi ai piloti
Dopo McLaren, Williams e Racing Point, anche i due team di Formula 1 motorizzati dalla Ferrari, Alfa Romeo e Haas, hanno deciso di ricorrere alla cassa integrazione per il proprio staff e dunque al taglio degli stipendi. La squadra del Biscione, il cui reparto corse ha sede a Hinwil, in Svizzera, ha deciso di accedere per la maggior parte dei suoi 500 dipendenti al programma messo a disposizione dal governo elvetico per evitare la disoccupazione dei propri dipendenti, mantenere la protezione sociale e gli schemi pensionistici.
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Una situazione simile riguarda anche la squadra americana: “Non possiamo proseguire lo sviluppo per tre mesi senza introiti”, ha dichiarato il team principal Guenther Steiner ai microfoni del sito specializzato tedesco Motorsport Magazin. “Alcuni team ci potranno riuscire, ma noi piccole scuderie siamo d’accordo che è impossibile”.
Piloti disponibili a ridursi l’ingaggio
In questo senso anche i due piloti della Haas, Kevin Magnussen e Romain Grosjean, si sono fatti avanti offrendo la propria disponibilità ad un taglio agli stipendi: “Hanno detto di far loro sapere se ci serve qualcosa da parte loro”, prosegue Steiner. “E stiamo parlando di possibili tagli, si rendono conto della nostra situazione. Non ho ancora dettagli in merito, ma abbiamo aperto le trattative. Al momento stiamo lavorando su tutti questi possibili scenari, sapendo che i nostri piloti hanno concordato di trovare un punto d’incontro. Penso che questo sia positivo, ma bisogna prima lavorare sui dettagli”.
Quanto alla stessa Ferrari, il team principal Mattia Binotto ha chiarito che il Cavallino rampante rimarrà “flessibile” in merito alla prosecuzione del programma Formula 1, ma ha anche avvertito i suoi colleghi ad “evitare di reagire con emotività” su questa questione: “Non dobbiamo dimenticare che ciascuna scuderia ha situazioni diverse, ed è importante trovare un terreno comune in cui forse la risposta non sarà un unico tetto ai budget uguale per tutti”.
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