“Ho spinto io per l’indagine sulla Ferrari”. Todt, traditore o ligio al dovere?

Il Presidente della FIA Jean Todt ha rivelato di aver spinto personalmente per avviare l’indagine sulle presunte irregolarità del motore della Ferrari SF90.
Il presidente della Fia, Jean Todt (Foto Micke Fransson/Tt News Agency/Afp/Getty Images)
Il presidente della Fia, Jean Todt (Foto Micke Fransson/Tt News Agency/Afp/Getty Images)
Diventato celebre più per i successi ottenuti con Michael Schumacher nella Rossa di inizio anni 2000 che per la sua carriera da navigatore nei rally, il manager francese arrivato ai vertici della Federazione dopo la cacciata di Max Mosley sembra essersi dimenticato dei suoi trascorsi al Cavallino. E forse per questo, oltre che per la ben nota grandeur transalpina che li spinge sempre ad allearsi col più forte del momento, che non appena qualche team ha paventato l’idea che monoposto di Maranello del 2019 potesse presentare qualcosa di non completamente pulito, si è prodigato di persona per fare da giustiziere.

“Devo dire che ho fatto molta pressione sul nostro staff per fare tutti i controlli necessari”, ha dichiarato a Motorsport.com. “E’ giusto che ogni squadra agisca nel rispetto del regolamento. Di conseguenza abbiamo avviato delle verifiche molto, molto complesse per cercare di capire se ci fosse stata una violazione”.

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“Era successo pure quando ad Abu Dhabi abbiamo indagato sull’auto di Leclerc e i commissari hanno deciso che si trattava di un errore umano. Allora venne imposta una multa”, ha proseguito esaltando il proprio atteggiamento limpido e poco propenso a favorire l’ex datore di lavoro.

Il 74enne ha poi chiarito la motivazione dell’inglorioso accordo sottobanco che di fatto ha provocato una seconda ondata di polemiche contro la Ferrari, facendo emergere l’incapacità dell’ente federale di comprendere se una vettura sia in linea con ciò che detta il regolamento.

“Avrei potuto decidere di passare il caso alla corte d’appello”, ha sostenuto. “Ma ci sarebbero voluti anni per avere una risposta definitiva e questo non sarebbe stato nell’interesse della F1”.

In poche parole Todt ha confermato di aver dapprima fatto pressione perché si andasse a fondo e si scoprisse se il motore utilizzato sulla SF90 da Singapore in avanti fosse “dopato”, e poi, per paura della burocrazia e delle lungaggini, di aver archiviato la vicenda a tarallucci e vino tra l’altro in maniera poco elegante.

Il presidente della Fia, Jean Todt, con uomini Red Bull e Ferrari (Foto Charles Coates/Getty Images)
Il presidente della Fia, Jean Todt, con uomini Red Bull e Ferrari (Foto Charles Coates/Getty Images)

Chiara Rainis

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