Paolo Ciabatti è stato uno dei primi a prevedere rigide restrizioni in termini di spostamenti. E sul futuro della MotoGP: “Non resta che aspettare”.
C’è gran voglia di rivedere all’opera il Motomondiale, ma bisognerà fare i conti con le nuove regole di spostamenti tra una nazione e l’altra al termine del lockdown. Molti Paesi adotteranno un periodo di quarantena prima di consentire l’ingresso sul proprio territorio nazionale, questo potrebbe essere un problema per il campionato del mondo di MotoGP.
16 squadre e 24 piloti GP provengono dall’Italia. Finché i confini sono chiusi, il motorsport non potrà riaccendere i motori. Il direttore sportivo Ducati Paolo Ciabatti sin dagli inizi di marzo aveva paventano mille dubbi sulla ripresa del Mondiale in breve tempo. “Dovremo vivere con restrizioni per mesi. Dovremo accettarlo – ha detto a Speedweek.com -. Non ci sarà permesso di salire a bordo di un aereo per molto tempo. Ci saranno regolamenti di quarantena all’entrata e si applicheranno le regole di distanza… In futuro, potresti dover avere un certificato sanitario con te quando vai in viaggio”.
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Il futuro del Motomondiale
In Italia il lockdown è previsto fino al 3 maggio, poi si comincerà con la fase 2, ma il distanziamento sociale sembra scontato. Difficile immaginare un evento come un Gran Premio entro la prossima estate, con oltre un migliaio di persone lavorare a distanza ravvicinata all’interno dei box. “Posso immaginare che inizialmente le restrizioni di viaggio saranno revocate solo per scopi professionali”, ha aggiunto Paolo Ciabatti. “Non so quanto tempo passerà prima che le persone possano viaggiare di nuovo per piacere e vacanze. Nessuno lo può ancora sapere. Siamo di fronte a uno scenario completamente nuovo per cui nessuno era preparato. E nessuno è stato in grado di prevedere cosa ci succederà in questo contesto”.
Ma neppure Paolo Ciabatti può prevedere cosa accadrà alla stagione 2020 di MotoGP. “Aspettiamo le prossime decisioni del governo. Siamo rinchiusi da cinque settimane ormai. Questo continua fino al 3 maggio. Fino a qualche giorno fa abbiamo avuto tantissime vittime. Sono morti anche i giovani di 27 anni e senza precedente malattia. Numerosi giovani sono in unità di terapia intensiva, hanno maggiori possibilità di sopravvivenza perché sono più resistenti e più giovani. Certo, le persone anziane sono le più colpite. Questo anche perché non trovano letti in unità di terapia intensiva ovunque”.