Sono trascorsi 26 anni da quel terribile 1° maggio 1994, ma il ricordo di Ayrton Senna è più vivo che mai nel cuore e nella mente degli amanti delle corse e non solo.
“Sono drogato. Drogato di vittoria. Sono totalmente dipendente dal successo. Corro, vinco e dunque vivo”. Con queste parole Beco descriveva sé stesso e il suo costante slancio verso la supremazia, che fosse in qualifica, di cui per diverso tempo è stato leader incontrastato, o in gara. In effetti, il brasiliano più di ogni altro è stato la dimostrazione vivente di cosa può fare l’amore per qualcosa.
Prima di lui i piloti di auto non avevano nulla di atletico. Pensiamo a Keke Rosberg, per non andare troppo indietro. Di certo il finlandese non era un fuscello. O ancora allo stesso Hunt che sebbene magro non disdegnava a concedersi vizi di ogni genere. Ayrton invece, fu il primo a capire l’importanza della forma fisica.
Per fare piazza pulita della concorrenza in pista, non è possibile non partire dall’uomo. Dieta ferrea e un atteggiamento integerrimo verso la cura del proprio corpo sono stati gli ingredienti base su cui il paulista ha costruito una carriera senza precedenti nell’automobilismo. Un approccio attento al minimo dettaglio, quasi maniacale, replicato poi sul mezzo meccanico. Tutto questo, assieme alla grande sensibilità di guida, lo ha portato a diventare ciò che è diventato.
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Un carrarmato, in grado di tenere botta al rivale- ompagno di squadra in McLaren Alain Prost, con cui ingaggiò una battaglia a tutto tondo sigillata nei libri e nei ricordi, senza dimenticare quella con il boss dell’attuale FIA Jean-Marie Balestre, non certo suo estimatore e spesso a favore del transalpino.
Record, trionfi, malizie dosate con intelligenza pur di arrivare alla prima posizione lo hanno consacrato nella storia dello sport, ma Senna è stato molto di più di questo. E’ stato un esempio, più unico che raro, di persona fortunata capace di restare ugualmente ben ancorato al pavimento. Nato benestante e in seguito trasformatosi in un’icona di ricchezza e potenza, avrebbe potuto vivere nel lusso e nell’assenza di freni inibitori come molti suoi colleghi, anche di altre discipline, hanno fatto. Al contrario lui ha scelto un’altra strada, non dimenticando mai quelli non baciati dalla sorte e operando in silenzio e senza pubblicità per cercare di portare un sorriso a chi non lo aveva.
Chiara Rainis
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