La riflessione del boss della Racing Point fa tremare i fan della F1. Anche le grandi Case starebbero valutando l’uscita della serie.
Cosa succederà al Circus? Continuerà ad esistere? Come potrà sopravvivere se non si corre? Questi alcuni dei tanti interrogativi che chi lavora ad ogni livello nella massima categoria motoristica si sta ponendo incessantemente.
Non va dimenticato che se tutto fosse andato come doveva ci troveremmo nel bel mezzo della stagione europea, con le forze in campo delineate e probabilmente testimoni dell’ennesimo dominio della Mercedes. Oggi invece di certezze non ne abbiamo neppure una e se l’unico punto un po’ più stabile sembra essere quello del GP dell’Austria come round di apertura il prossimo 5 luglio, nelle ultime ore ha cominciato a traballare pure il secondo elemento di confort, ovvero l’appuntamento successivo in Inghilterra, messo in crisi dal rifiuto dei commissari di pista di presenziare.
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Dunque, alla luce di questo caos, l’avvio del mondiale non sembra più essere scontato. E qui c’è davvero poco da sorridere, perché la F1 non è solamente uno show per allietare chi è a casa nel weekend, bensì è un’industria che dà lavoro a migliaia di persone.
A questo proposito è intervenuto il team principal dell’ex Force India ha manifestato alcune preoccupazioni, tra cui la fuoriuscita dei grossi nomi che animano le gare, poco desiderose di investire denaro in uno sport in parabola discendente.
“I costruttori cominceranno a domandarsi se le competizioni rappresentano davvero un plus utile. La risposta ovviamente è no perché il loro obiettivo è vendere macchine, di conseguenza potrebbe arrivare la decisione”, le parole di Otmar Szafnauer a Sky Sport F1. “Probabilmente ritorneranno come è successo per Honda, ma solamente quando la crisi si sarà esaurita”.
In effetti come dare torto all’inglese. Perché mai spendere milioni di euro per creare monoposto fini a sé stesse in una fase emergenziale che ha praticamente bloccato il mercato dell’automotive?
Chiara Rainis