Mentre vengono concessi 120 milioni per bici e monopattini, all’automobile, che muove il 20% del Pil italiano, il dl Rilancio assegna solo 100 milioni
Lo hanno chiamato pomposamente “dl Rilancio“, il provvedimento varato ieri (con non poco ritardo, oltretutto) dal governo Conte. E la speranza di tutti gli italiani era che le promesse della politica, stavolta, fossero mantenute: che quella “potenza di fuoco” di liquidità annunciata dal premier si traducesse effettivamente in misure in grado di agevolare la ripartenza economica, la vera Fase 2 dopo lo stop forzato della quarantena.
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Di misure, effettivamente, il decreto ne prevede molte, ma l’impressione di molti osservatori è che, nella foga di inserire mance e mancette a pioggia per vari comparti produttivi, l’esecutivo abbia finito per perdere di vista proprio quelli più importanti, cruciali per la sopravvivenza del nostro Paese. Uno su tutti, proprio quello che ci interessa più da vicino, quello delle auto e delle moto. Che, da solo, movimenta una filiera che corrisponde addirittura al 20% del Prodotto interno lordo italiano, tra indotto, fornitori, concessionari, venditori e così via.
Il confronto è presto fatto. La finanziaria prevede 120 milioni per incentivi a biciclette e monopattini elettrici, mezzi di trasporto indubbiamente utili per spostarsi, almeno per chi abita nel centro delle grandi città. Ma la stessa norma, di aiuti per il mercato dell’automobile, ovvero alle migliaia di imprese e ai milioni e milioni di lavoratori che in esso sono impiegati, ne prevede appena 100 milioni di euro (peraltro anch’essi riservati solamente all’elettrico).
Inutile dire che si tratta di ben poca cosa, per un settore che dalla pandemia del coronavirus è stato praticamente raso al suolo: nel mese di aprile sono state vendute in tutto la miseria di 4700 auto, contro le 120 mila dell’anno precedente. Della rottamazione, misura che è stata adottata per lungo tempo, perché era l’unica che aveva dimostrato di funzionare davvero per dare una mano alle aziende, neanche l’ombra. L’Italia cerca di ripartire, ma qui il rischio è che i motori rimangano spenti ancora a lungo.
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