L’idea di far correre una Ferrari nella IndyCar Series americana (e quindi anche alla 500 Miglia di Indianapolis) riceve l’appoggio del vicepresidente
Tutto è nato dalla controversia tra la Ferrari e i vertici della Formula 1 sul tetto ai budget. A Maranello non sono piaciute le regole troppo restrittive, che imporrebbero una riduzione dei costi così netta che rischierebbe di costare il posto di lavoro ad una buona fetta del reparto corse rosso.
Da qui sorge la necessità, per il Cavallino rampante, di guardare ad altre categorie automobilistiche: non per sostituire la loro presenza nel Mondiale a quattro ruote, ma semplicemente per affiancarla, per permettere di dirottare lì le risorse che non troveranno più spazio nel massimo campionato.
Le ipotesi sul tavolo, in tal senso, sono essenzialmente due: la prima è quella di un impegno ufficiale nel campionato del mondo endurance Wec, sfruttando i nuovi regolamenti sulle Hypercar e la classe Lmdh. L’altro è quello di uno sbarco al di là dell’Atlantico, nella IndyCar Series, la principale serie americana per monoposto, che tra i suoi appuntamenti conta anche la leggendaria 500 Miglia di Indianapolis.
E proprio su questa seconda idea sembrano sempre più orientarsi i desideri dei piani alti della Casa modenese. Lo conferma lo stesso vicepresidente Piero Ferrari, figlio del mitico fondatore Enzo, nell’intervista concessa oggi alla Gazzetta dello Sport per festeggiare il suo settantacinquesimo compleanno che cade domani.
“Indianapolis mi piace, ho avuto il piacere di esserci con Gianpaolo Dallara il giorno in cui ha colto la prima vittoria alla 500 Miglia”, racconta. “La Ferrari c’era stata con Ascari… Poi negli anni ‘80 costruimmo una Formula Indy per dare un segnale a Fia e Foca, ma non fece mai un km. Sotto sotto credo che a mio padre avrebbe fatto piacere vincere là”.
E chissà che questo sogno inseguito realmente negli anni ’50 e poi paventato di nuovo trent’anni dopo, oggi non possa davvero realizzarsi. La Ferrari andrà dunque alla conquista dell’America?
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