Lewis Hamilton torna a farsi sentire contro il razzismo, svelando il suo passato in cui venne discriminato, bullizzato e picchiato in gioventù
Un messaggio di grande impegno, di speranza, ma anche di profondo dolore personale, quello che Lewis Hamilton ha affidato al suo seguitissimo profilo ufficiale di Instagram, dove vanta ben 16,5 milioni di seguaci. Tifosi ai quali il campione del mondo di Formula 1 racconta non soltanto le sue imprese sportive, ma anche e soprattutto le sue battaglie sociali e politiche a favore delle cause che gli stanno più a cuore.
Una su tutte: la lotta contro il razzismo, che lo ha convinto a schierarsi e a far sentire la sua forte voce a favore della protesta del movimento Black Lives Matter, esplosa in questi giorni negli Stati Uniti a seguito dell’omicidio di George Floyd e poi diffusasi in tutto il mondo. Se nei giorni scorsi aveva già sollecitato tutti i suoi colleghi dell’automobilismo a non rimanere indifferenti verso questa importante questione, oggi Hamilton è tornato ancora sull’argomento, svelando anche tristi e inediti episodi del suo passato.
Il passato di razzismo di Hamilton
“Mi sono informato ogni giorno per cercare di stare al passo con tutto quello che sta accadendo nella nostra lotta contro il razzismo e questo mi ha riportato alla mente ricordi dolorosi della mia infanzia”, ha scritto il sei volte iridato sui social network. “Memorie vivide delle sfide che dovetti affrontare quando ero un bambino, le stesse che, sono sicuro, hanno vissuto molti di voi che sono stati vittime di razzismo o di altri tipi di discriminazione. Ho parlato molto poco delle mie esperienze personali, perché mi è stato insegnato di tenerle per me, non mostrare le mie debolezze, ucciderle con l’amore e sconfiggerle in pista. Ma quando ero lontano dalla pista venivo bullizzato, picchiato e l’unico modo in cui potevo lottare era imparando a difendermi, così imparai il karate. Gli effetti negativi dal punto di vista psicologico sono stati incalcolabili”.
Il razzismo subito anche nel mondo delle corse, storicamente dominato dai bianchi, ha dunque ferito Hamilton, ma allo stesso tempo gli ha permesso di sviluppare quella forza e quella grinta che ora sono le sue risorse più potenti in gara. “Per questo ho il mio stile di guida, è un fatto molto più profondo del semplice livello sportivo: continuo a lottare”, prosegue il portacolori della Mercedes. “Grazie a Dio ho avuto mio padre, una forte figura nera che ho potuto prendere a modello, che sapevo che mi avrebbe compreso e sarebbe stata dalla mia parte nonostante tutto. Non tutti hanno questa fortuna, ma dobbiamo restare uniti con coloro che non dispongono di un eroe a cui appoggiarsi per essere protetti. Mi sono chiesto per quale motivo il 2020 sembrava così maledetto fin dall’inizio, ma comincio a credere che il 2020 potrebbe essere l’anno più importante delle nostre vite, quello in cui inizieremo finalmente a ribaltare l’oppressione sistemica e sociale delle minoranze. Vogliamo solo vivere, avere le stesse chance a livello di educazione, di vita e non avere paura di girare per strada, andare a scuola, entrare in un negozio o in qualunque altro posto. Ce lo meritiamo come chiunque altro. L’uguaglianza è fondamentale per il nostro futuro, non possiamo smettere di combattere questa battaglia. Io, di sicuro, non mi arrenderò mai!”.
Leggi anche —> Hamilton sul caso Floyd è una furia contro i colleghi: “Nessuno parla”