Jean Todt spiega che le gerarchie interne alla Ferrari decise a tavolino conteranno poco: prevarrà chi tra Vettel e Leclerc avrà il vantaggio in pista
Sarà solo il verdetto della pista a stabilire chi, tra Sebastian Vettel e Charles Leclerc, si potrà mettere addosso i galloni di capitano della Ferrari 2020. Parola di uno che di gestione di team (e di piloti) se ne intende come Jean Todt, attuale presidente della Federazione internazionale dell’automobile, ma storico boss della Rossa nella gloriosa era Schumacher.
Dodici mesi fa era Vettel a partire con il ruolo di caposquadra designato, oggi è Leclerc, riconfermato a lungo termine mentre il suo compagno di scuderia è ormai avviato verso la porta d’uscita. Eppure, secondo Todt, le gerarchie decise a tavolino, anche tra due piloti separati in casa come sono di fatto i ferraristi, contano poco. Anzi, lasciano decisamente il tempo che trovano.
“Bisogna chiedere a Binotto e non a me”, mette le mani avanti il francese ai microfoni del Corriere della Sera. Ma poi aggiunge: “Numero uno, numero due. Sono tutte ca…te. Chi sta davanti all’altro dopo quattro o cinque gare stabilisce le gerarchie. Vale in tutte le squadre”.
Per vincere ci vuole la macchina
Sarà dunque solo chi, tra Vettel e Leclerc, riuscirà a stare davanti al suo compagno-rivale ad avere il vantaggio interno. Anche se Todt, tra le righe, spezza una lancia a favore del tedesco: “Non non me la sento di giudicare. Dico solo che Vettel è un pilota di grande talento e non ha ancora una macchina per il 2021. Spero per lui e per la F1 che l’avrà”.
Todt lascia intendere che la colpa del fallito assalto al Mondiale nelle ultime stagioni non è tutta da imputare al quattro volte iridato, bensì anche alla Scuderia che non gli ha saputo mettere in mano una vettura realmente vincente. E lo stesso varrà, nel futuro, anche per la nuova coppia Leclerc–Sainz: senza una macchina veloce, anche il pilota più forte non può andare da nessuna parte.
“L’automobilismo è una combinazione fra uomo, macchina e squadra”, ribadisce il capo della Fia. “L’unica alchimia che può funzionare è quella che unisce tutto per vincere. Senza uno di questi elementi gli altri non funzionano, lo abbiamo già visto; ad esempio senza la macchina non hanno vinto né Alonso né Vettel. Sebastian ha vinto quando aveva la vettura competitiva. Lo stesso per Schumacher. Quando è arrivato alla Ferrari nel 1996 ha dovuto aspettare fino al 2000 per il titolo. Puoi avere il talento, ma se non hai mezzo, team, affidabilità, non ce la fai. Bisogna mettere insieme tutto”.
L’affetto di Todt per Schumacher
Ne sa qualcosa lui, che prima di portare Michael Schumacher sul tetto del mondo ci ha messo parecchi anni: “Nel 1997 abbiamo perso all’ultima gara, nel ’98 pure, e nel ’99 anche ma almeno abbiamo conquistato il Mondiale costruttori. Poi sono arrivati gli anni belli. Se non ci siamo riusciti prima è perché non c’era il giusto mix”.
E, a proposito di Schumi, un pensiero inevitabile Jean lo rivolge al suo pupillo che oggi combatte la sua battaglia più difficile: “Prego sempre per lui. Con Hamilton che è vicino ai suoi sette titoli mi suscita ricordi personali, di un bel periodo. Ma i record sono fatti per essere superati, e i tempi di adesso sono diversi da allora. Detto questo, Mercedes e Hamilton lavorano in modo straordinario. Riguardo a Mick Schumacher, spero che faccia una buona stagione in F2. Gli auguro ogni bene. È intelligente, maturo e umile. Penso che farà carriera”.
Nessun aiutino alla Ferrari
In chiusura, Todt si difende nuovamente dalle accuse di aver usato la linea morbida con la Ferrari nella controversia sulla presunta irregolarità dei loro motori 2019. “Sono chiacchiere inevitabili, oggi giorno ne dicono di nuove”, conclude. “Funziona così, durano una settimana e poi si passa ad altro. La verità è che quando ho accettato questo incarico sapevo di dover prendere i lati positivi e anche quelli negativi. La mia coscienza è pulita, per me è importante soltanto essere trasparente con i membri della Fia, l’etica. Il resto fa parte del mio ruolo, incluse le voci spiacevoli. Il caso è stato gestito con professionalità e trasparenza seguendo le regole. E poi su tante cose devo prendere le decisioni sulla base di quello che mi viene suggerito da chi contribuisce a darmi le informazioni, non agisco completamente da solo”.
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