Nelle qualifiche del GP di Stiria la Mercedes ha dato vita all’ennesima prova maiuscola, ma quanto c’è di Hamilton dietro al dominio?
Qualcuno di recente in un’altra disciplina sportiva ha detto che “bisogna ammazzare l’avversario” e Lewis Hamilton a Zwelteg sabato pomeriggio ha fatto esattamente questo. La sua superiorità rispetto alla concorrenza è stata disarmante. Unico a scendere sotto il muro dell’1’20, il sei volte iridato ha preceduto Max Verstappen, in griglia al suo fianco domenica, addirittura di 1″216. Un distacco notevole, specialmente se si considera che è arrivato in una giornata di pioggia battente e con una visibilità davvero ridotta.
A torto o a ragione in tanti hanno fatto subito scattare il paragone con Ayrton Senna. Noi, senza infilarci nell’intricato raffronto di epoche diverse, vi proponiamo un dato che comunque racconta molto. Valtteri Bottas, dotato della stessa macchina si è qualificato 4° a 1″428.
E’ chiaro dunque che, malgrado la W11 abbia dimostrato di possedere un’indubbia stabilità che le ha consentito anche in condizioni limite di essere veloce e non patire perdite di aderenza e di conseguenza di controllo, l’apporto di chi la guida è stato e rimarrà decisamente importante.
Forse, o anzi, sicuramente, non è più come nella F1 di un tempo, in cui il pilota aveva una percentuale di incidenza superiore al mezzo meccanico, ma in ogni caso, questa è stata la prova provata che l’uomo ha ancora una sua rilevanza.
“Capita molto raramente di vedere qualcosa che sembra provenire da un altro mondo, ma direi che l’abbiamo vista”, ha commentato a fine sessione un meravigliato boss Mercedes Toto Wolff. “Non ricordo di aver mai visto un simile gap tra un poleman e il secondo classificato. Posso soltanto immaginare che il driver e la macchina si siano fusi in un’unica cosa, con entrambe le parti che hanno dato il massimo raggiungendo la perfezione”, ha concluso con il manager austriaco con un’affermazione romantica, questa sì con un forte eco del campione brasiliano.
Chiara Rainis