L’incidente tra Vettel e Leclerc è solo la punta dell’iceberg: a non funzionare in casa Ferrari è l’intero progetto, come ammette lo stesso Mattia Binotto
“Potrebbe trattarsi di un problema di metodologia, progettuale o di concetto di base della vettura”. Il team principal Mattia Binotto lo spiega in gergo ingegneristico, ma il significato delle sue parole è chiaro: forse ad essere sbagliato sulla SF1000 non è semplicemente l’assetto o la messa a punto, ma proprio tutto il progetto. E, dunque, i problemi sono grossi.
L’ultima nata di Maranello era stata studiata per risolvere i difetti congeniti della sua progenitrice, che andava molto forte in rettilineo ma perdeva in curva. I tecnici della Rossa, dunque, hanno puntato su un disegno che massimizzasse il carico aerodinamico, anche a costo di aumentare di pari passo la resistenza all’avanzamento.
Il risultato, però, è stato il peggiore possibile. La deportanza continua a mancare, soprattutto quella generata dal fondo vettura. Ma, in compenso, persino la superiorità in termini di velocità di punta che aveva parzialmente salvato la stagione 2019 è venuta a mancare (forse anche a causa delle direttive Fia che hanno tagliato le unghie ad un motore superpotente ma ai limiti del regolamento).
Nelle uniche qualifiche asciutte disputate finora, quelle del primo Gran Premio d’Austria, gli esiti in tal senso sono stati inequivocabili: Vettel e Leclerc si sono piazzati rispettivamente terzultimo e ultimo ai rilevamenti in fondo al rettilineo. Gli aggiornamenti agli alettoni anteriore e posteriore e al fondo che, con una corsa contro il tempo, la Ferrari è riuscita ad introdurre già una settimana più tardi hanno prodotto qualche miglioramento, ma non certo una rivoluzione.
Così come non ci si aspettano miracoli dagli ulteriori sviluppi attesi per questo weekend in Ungheria: un intervento importante sulle pance, con una diversa disposizione di radiatori e scarichi. Se, come ha ipotizzato Binotto, le lacune stanno alla base della vettura, si potranno superare solo riprogettandola integralmente, da cima a fondo.
Un bel problema, perché i nuovi regolamenti tecnici post coronavirus hanno introdotto numerose limitazioni, compreso il congelamento, scattato il 3 luglio scorso, delle parti essenziali della vettura: motore, telaio, trasmissione, pedali, alimentazione, idraulica, cerchi, freni e così via non si potranno più toccare (e, dal 15 settembre prossimo, anche le sospensioni).
Le monoposto 2021 avranno dunque un’impostazione pressoché identica a quelle attuali: il che significa che la Ferrari potrebbe non riuscire a recuperare il suo divario dalla vetta della classifica nemmeno il prossimo anno. L’unica speranza, sul fronte aerodinamico, viene dal sistema a handicap per il lavoro in galleria del vento, introdotto anch’esso dalle ultime norme. In pratica, la squadra che vincerà il Mondiale costruttori avrà meno ore di tutti a disposizione per lo sviluppo, mentre le sue inseguitrici, sempre in base alla loro posizione assoluta, potranno utilizzarne di più.
Per paradosso, questa può rappresentare una buona notizia, per una Scuderia che attualmente giace addirittura al quinto posto in classifica. E non certo immeritatamente. Al netto dell’harakiri stiriano tra Vettel e Leclerc, questa rischia infatti di essere anche la graduatoria stilata dagli effettivi valori in campo: una Rossa in ritardo rispetto a Mercedes e Red Bull e dietro anche a McLaren e Racing Point. Uno dei punti più bassi della storia recente. Da qui si può solo risalire, ma ci vorrà tempo, molto tempo. La prossima stagione, come detto, potrebbe non bastare: forse l’appuntamento è rinviato definitivamente al 2022, quando il regolamento tecnico verrà completamente rivoluzionato. E si potrà, finalmente, ricominciare da zero.
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