Il caso del presunto doping di Andrea Iannone si sta trascinando troppo per le lunghe. E l’amministratore delegato di Aprilia Corse, Massimo Rivola, è stufo
Sono passati quasi sette mesi dal primo annuncio della positività di Andrea Iannone ad una sostanza proibita, il drostanolone. Ne sono passati tre dalla sua condanna alla Corte disciplinare della Federazione motociclistica internazionale per il caso del presunto doping. E sono passate oltre quattro settimane dal formale ricorso del pilota di Vasto al Tribunale arbitrale sportivo.
Nonostante questo mare di tempo ormai trascorso, il futuro del Maniaco rimane in sospeso. E, con esso, anche quello della sua Aprilia. Si attende ancora non soltanto l’esito della sentenza d’appello, ma anche semplicemente la fissazione dei suoi tempi. Nel frattempo, la Casa di Noale non sa se Andrea tornerà in sella alla RS-GP, oppure se dovranno tornare sul mercato per cercare un sostituto, magari quel Cal Crutchlow che si è già offerto ufficialmente.
“L’offerta di Crutchlow ci fa piacere, ma Iannone si è dimostrato innocente e noi dobbiamo aspettarlo, vogliamo essere coerenti”, risponde l’amministratore delegato del reparto corse, Massimo Rivola, a Sky Sport. “Nella prima sentenza è stato scritto che la colpa non è del pilota, si parla di contaminazione alimentare. Andrea è una vittima e lo siamo anche noi, perché qui in pista ci dovrebbe essere lui e non il collaudatore Smith“.
E la Aprilia sembra essersi definitivamente stufata di aspettare invano: “Quello che non va bene è la tempistica. Noi aspettiamo Iannone, ma il fatto che non ci siano delle date fisse per i prossimi passi è molto strano. In altri casi di doping si è risolto tutto più in fretta, invece l’intervento della Wada sta rallentando la decisione”.
Già, la Wada, l’agenzia antidoping internazionale. Quella che ha deciso di mettersi in mezzo, facendo a sua volta ricorso con la richiesta di inasprire la pena inflitta a Iannone a ben quattro anni. “Posso solo immaginare che il potere politico di un organismo come la Wada sia altissimo”, rincara la dose Rivola. “Se perderà questo caso, come di fatto è successo nella prima sentenza, dovrebbero cambiare tutti i protocolli. E questo crea non pochi problemi. Ma se uno è innocente, lo è e basta”.
Ora il marchio italiano, che continua ad appoggiare il suo pilota e ad affermarne l’innocenza, pretende risposte con tempi certi e rapidi: “Non abbiamo la possibilità di sapere qualcosa, posso solo parlare con l’avvocato di Andrea e faccio fatica a capire cosa ci sia dietro”, tuona l’ad. “Noi abbiamo deciso di aspettare, ma non lo possiamo fare all’infinito. Abbiamo iniziato un nuovo progetto con una moto completamente differente, ci sono dei programmi sportivi. Credo che ci sia un limite a tutto. Questa situazione è spiacevole e imbarazzante, noi come Aprilia ci siamo stufati”.
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