Dal 21 agosto la Williams come l’abbiamo conosciuta finora non esiste più. La colpa è dell’attuale manager?
Che la scuderia fondata nel 1976 da due visionari come Frank Williams e Patrick Head non fosse più quella delle 114 vittorie di gara e dei nove titoli costruttori era assodato da tempo, ma che rapidamente si sarebbe dissolta nel nulla, persa nei meandri del fondo gruppo,è stata una sorpresa. Incapace di reggere il passo della concorrenza, è scivolata sempre più in basso diventando schiava dei piloti paganti, da Lance Stroll, allo stesso Robert Kubica, rientrato in F1 grazie ad un assegno da 10 milioni di euro, per finire all’attuale Nicholas Latifi, dotato di grandi possibilità economiche, ma scarso talento.
Ridotta ugualmente con l’acqua alla gola, la squadra di Grove prima dell’estate si è messa alla caccia di un investitore. Di qualcuno che alla faccia della crisi post Covid avesse voglia di buttare una vagonata di dollari (ndr. nella fattispecie 150 milioni) in un progetto sportivo e finalmente lo ho trovato. Nella giornata di venerdì è arrivata la conferma del passaggio di proprietà alla Dorlinton Capital, un fondo d’investimento americano che niente ha a che spartire con il motorsport. A quanto pare il passaggio di consegne sarebbe momentaneo poiché i nuovi detentori del 52,2% del gruppo sarebbero specializzati nelle cessioni. Ma come si è arrivati ad un simile disastro?
In molti incolpano Claire, la figlia del patron, passata al comando del team quando le condizioni di salute del padre stavano peggiorando, di non aver saputo gestire una realtà tanto complessa. Probabilmente senza la preparazione necessaria è stata vampirizzata da tutte le questioni extra-circuito. Non bisogna infatti dimenticare che il marchio inglese è una vera e propria azienda con reparti dedicati ad altri ambiti rispetto allo sport, ma pure la F1 non è più quella del passato e adesso tutto è molto più difficile.
Certo, qualcuno potrebbe sostenere che questa mossa aiuterà l’equipe a risalire la classifica, è vero, ma non si può non valutarla come una sconfitta, un allontanamento da quello che al principio era una sorta di tempio dei sogni, dove chiunque avesse volontà e un pizzico di spericolatezza poteva creare qualcosa di grande.
Chiara Rainis
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