La totale mancanza di competitività della Ferrari non sembra stupire il boss della Red Bull Horner che non ha risparmiato frecciate.
Ride bene chi ride ultimo. Sembra essere questo il pensiero comune dei team principal della F1 davanti alla “tempesta”, giusto per dirla alla Mattia Binotto, che sta attraversando in questo momento la Ferrari. Il presunto imbroglio orchestrato in corrispondenza con Singapore 2019 e il motore dopato per completare la stagione in maniera rampante, non sono stati ancora digeriti dai diretti rivali dell’epoca del Cavallino che ora gongolano, senza pudore, a vederlo sprofondato in zona Williams.
“Credo che lo scorso anno ci siano state gare che avremmo dovuto vincere se a Maranello avessero corso col propulsore attuale, oggi in fondo alla lista dopo Mercedes, Honda e Renault“, ha dichiarato sibillino Christian Horner, indispettito altresì dall’accordo sottotraccia tra l’equipe modenese e la FIA che però di fatto, occultando il risultato dell’inchiesta sulla SF90 e la sua PU ha sancito l’inizio della fine per la Ferrari. “E’ probabile che negli anni precedenti la loro attenzione si sia concentrata sulle aree sbagliate”, ha poi sostenuto cercando di fornire una personale spiegazione al tracollo a cui stiamo assistendo.
Non più dolce del manager britannico della Red Bull, il responsabile delle Frecce Nere Toto Wolff, convinto che per colpa degli italiani parte del suo personale si è ammalato. “Non voglio gettare benzina sul fuoco, ma ci sono stati alcuni dei miei collaboratori che ci hanno rimesso la salute per lo stress che ci è venuto tra l’anno scorso e il 2018 per la power unit”, ha asserito. Sulla coscienza la Scuderia avrebbe dunque pure lo stato psicofisico di chi lavora tra Brackley e Brixworth. Un modo elegante per affermare che la precedente unità di Modena non avrebbe rispettato le regole e di conseguenza nessuno sarebbe stato in grado di capire come fare per eguagliarne le prestazioni.
Chiara Rainid