Dalla Thailandia arriva un mandato d’arresto internazionale contro uno dei rampolli della famiglia che co-proprietaria della Red Bull.
Tutti conosciamo Dietrich Mateschitz, patron della Red Bull, ma pochi sanno che l’azienda austriaca in realtà è stata co-fondata dalla famiglia thailandese Yoovidhya. Proprio questa parte di proprietà sta gettando delle ombre sul noto marchio di bibite a causa dei colpi di testa di uno dei suoi rampolli.
Vorayuth Yoovidhya, figlio di Chalerm, uno degli 11 fratelli che hanno quote azionarie in Red Bull, si è macchiato nel 2012 di un reato gravissimo, ha ucciso un poliziotto travolgendolo con la sua Ferrari. Il ragazzo, che all’epoca aveva 27 anni, come riportato dal Corriere della Sera, guidava pieno di cocaina.
Da quel giorno però il rampollo della famiglia Yoovidhya non si è fatto un solo giorno di carcere e anzi si è divertito girando tutto il mondo tra auto di lusso, gare automobilistiche e cene stellate, il tutto documentato dal suo profilo Instagram. A luglio di quest’anno il processo si è chiuso con un nulla di fatto, con le accuse a suo carico che sono state tutte ritirate.
In Thailandia però le cose sono cambiate e la sollevazione popolare contro il re-satrapo Rama X che vedevano proprio il caso del giovane rampollo come simbolo dell’iniquità del sistema giudiziario locale ha spinto il tribunale a riaprire il caso con l’accusa di guida spericolata con vittima e uso di cocaina.
L’Interpol ha subito emesso un mandato di cattura internazionale con allerta massima. Vorayuth per ora sarebbe stato avvisato in Canada. Il ragazzo, il 3 settembre del 2012, di ritorno da una festa con degli amici, avrebbe investito a quasi 180 Km/h il sergente Wichian Klanprasert (47 anni), senza soccorrerlo. In un primo momento si cercò di scaricare la colpa sul suo tuttofare, che 3 mesi dopo però decise di ritrattare la propria testimonianza. Nel 2017, dopo diversi rinvii il rampollo è praticamente scappato dalla Thailandia.
La famiglia Yoovidhya ha versato 100mila dollari ai parenti della vittima a titolo di compensazione e le accuse sono state ritirate, questa volta però la sommossa popolare in Thailandia potrebbe cambiare le carte in tavola per il 35enne, che implicitamente sta gettando anche tanto fango sul marchio Red Bull al quale è indirettamente collegato.
Antonio Russo
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