A sei gare dalla fine del campionato Bottas comincia a tirare i remi in barca. Sta sbagliando o ha ragione a non credere più nell’iride?
Come Sebastian Vettel anche Valtteri Bottas ha un punto debole ed è la psiche. Se il tedesco della Ferrari è crollato nel confronto diretto con i giovani, prima Daniel Ricciardo, poi Charles Leclerc, il finlandese della Mercedes non ha mai retto la convivenza con Lewis Hamilton. Troppo ingombrante il blasone dell’inglese, troppo forte la sua personalità (costruita) dentro e fuori la pista. La questione in casa Stoccarda è semplice. Ham gode della grinta e della fame dei campioni, entrambe protette da una buona dose di fortuna, mentre il driver di Nastola salvo qualche guizzo sparuto al massimo arriva secondo, posizione che Senna definiva la peggiore perché simbolo del primo sconfitto, spesso gabbato dalla sorte che più di qualche volta lo ha colpito a tradimento. Un esempio lo ha dato proprio il Nurburgring dove, partito dalla pole in gara è stato fermato da un guasto al motore. Ovviamente contrariato il #77 ha comunque promesso che non smetterà di lottare e di battersi almeno per il singolo successo.
“Il divario tra me e il mio compagno è abbastanza ampio. Ci vorrebbe un miracolo per aggiudicarmi il mondiale”, ha ammesso il finnico, fermo a 161 punti contro i 230 del 35enne di Stevenage.
Con il classico atteggiamento da bastone e carota il boss delle Frecce Nere Toto Wolff ha comunque voluto esaltarne la resilienza, forse, per tenerselo buono in caso di necessità. Al termine del weekend tedesco il dirigente ha infatti precisato ai media come tutto in scuderia sia definito, facendo intendere che la libertà di battaglia da sempre sbandierata è puramente di facciata. Nulla insomma deve rallentare la marcia trionfare del britannico che anche sul fronte marketing dà un riscontro nettamente superiore a quello che l’anonimo biondo potrebbe mai dare.
Chiara Rainis