La delusione 2020 della Ducati e di Andrea Dovizioso vista dagli occhi dell’ex coordinatore tecnico della Rossa, Fabiano Sterlacchini
Un disastro annunciato quello della Ducati in questa stagione 2020 di MotoGP. Iniziata con la speranza, nemmeno troppo nascosta, di sfruttare l’assenza di Marc Marquez per dare finalmente l’assalto decisivo al titolo mondiale solo sfiorato nel corso dei tre anni scorsi, e conclusa con la disfatta.
Le responsabilità di questa occasione perduta sono condivise: un po’ dai vertici tecnici, un po’ dallo stesso Andrea Dovizioso. E ad analizzarle ci pensa Fabiano Sterlacchini, per oltre diciassette anni ingegnere in Ducati, gli ultimi nel ruolo di coordinatore tecnico, una specie di braccio destro di Gigi Dall’Igna, che ha lasciato alla fine del 2019. “Si vedeva che il ciclo stava finendo”, racconta ai microfoni della Gazzetta dello Sport. “Dovizioso ha vinto sei gare nel 2017, poi quattro, due e una quest’anno. Quando insegui, tutto pesa. Per migliorare tanto, un metodo arrembante di sviluppo a volte paga: togliere mezzo secondo di tecnica è impossibile, ma se aggiungi la motivazione del pilota, puoi fare passi avanti. Ma funziona pure al contrario: da non bene è facile andar male, e il pilota perde motivazione. Ecco, magari su questo a volte arginavo un po’ le cose”.
Sterlacchini analizza la stagione di Ducati e Dovizioso
Uno degli elementi che hanno condizionato l’annata della Ducati è stato il divorzio da Dovizioso e Petrucci, annunciato molto in anticipo, che ha creato un clima da separati in casa all’interno del box. “Forse non è stato molto intelligente dire addio a entrambi i piloti”, sostiene Sterlacchini. “Capisco le logiche di mercato, ma rischi un’atmosfera molto negativa. Poi alla base c’è il solito limite Ducati a centrocurva, con la nuova gomma posteriore che ha cambiato equilibrio alla moto. La Ducati sfruttava la frenata con moto di traverso e piegata: così ottimizzi la prestazione della gomma, che ti permette di frenare di più con la posteriore senza chiedere troppo all’anteriore. Dalla tv noto che non succede più. Così, se alla parte motivazionale aggiungi i problemi tecnici, è come unire glicerina al resto degli acidi: crei la nitroglicerina”.
Ma non è stato solo un problema umano. Anche i soliti limiti in curva della Desmosedici sono tornati a farsi sentire, in maniera ancor più forte del recente passato. “Immaginiamo una mano, con ogni dito che identifica quanto sei forte in una determinata area: pollice-frenata, indice-velocità, medio-capacità di girare, anulare-accelerazione, mignolo-trazione”, spiega l’ingegnere marchigiano. “Un progetto con caratteristiche estremamente forti ma un dito mozzo, è molto meno vincente di una mano con tutte le dita un po’ più corte. Se hai una moto che va piano in rettilineo, troverai chi ti sorpassa, rallenta e rompe il ritmo. Come la Yamaha. Che ha il dito di velocità e potenza spuntato, cosa inaccettabile per vincere il Mondiale. La Ducati ha il problema nella percorrenza di curva. E quando cambi un elemento di equilibrio come le gomme, la paghi, perché il progetto non è più bilanciato”.
A questo si aggiunge il problema di Desmodovi, che ha messo in mostra meno grinta in questa stagione. “Andrea ripeteva che senza risolvere i problemi fondamentali non saremmo andati da nessuna parte”, conclude Sterlacchini. “E quest’anno per effetto della gomma il feeling è stato peggiore. Questo è qualcosa di implosivo nella mente di un pilota. Poi, sono sincero, un pilota davvero forte deve avere una testa diversa da quella di Andrea, deve restare sereno e determinato e andare sopra i problemi: la tristezza a volte lo ingabbia. Mick Doohan ripeteva di non intestardirsi a guidare la moto perfetta. Per me il pilota forte non cerca in modo maniacale la perfezione, ma chiusa la visiera fa la differenza. Come Stoner“.