Pur mostrandosi aperta alle esigenze della Red Bull, la Mercedes si batte perché il suo margine sulla concorrenza non si chiuda.
Passi l’ok al congelamento chiesto a gran voce dalla Red Bull per evitare di tornare nel 2022 ai motori Renault e tenersi al contrario quelli Honda senza marchio a fronte del ritiro ufficiale della Casa di Sakura, ma da Stoccarda non arriverà mai il benestare alla “convergenza delle prestazioni“. Essendosi sudata a suon di studi e progettazioni l’indubbia superiorità di cui sta beneficiando da anni, la Mercedes ha, tramite il suo boss Toto Wolff, posto dei paletti ai possibili futuri diktat della FIA in materia di ritocchi alle power unit per favorire il livellamento dello schieramento.
“Non sarebbe nell’interesse dei brand, dei piloti e neppure della F1. Questo sport è sempre stato meritocratico e deve restare così”, ha reclamato il manager austriaco a Motorsport.com. Venendo da un gruppo automobilistico dalle grandi risorsi, il 48enne vorrebbe lo sviluppo libero, ma la F1 di oggi ha optato per un’altra strada, un percorso che ha riportato ai tanto chiacchierati “tokens” i “gettoni” da giocarsi per migliorare le performance della propria vettura. “E’ un insulto per la categoria questo sistema”, ha proseguito ricordando come nel DTM l’adozione del cosiddetto BoP sia stato un fallimento e abbia tarpato le ali a parecchi driver e squadre. “Non riesco a capire come un produttore di macchine possa essere favorevole ad un qualsiasi bilanciamento della potenza”, ha detto.
Le Frecce Nere rispondono alla Rossa
Sempre in tema PU, nei giorni scorsi il responsabile della Ferrari Mattia Binotto aveva chiesto alla Federazione Internazionale maggior chiarezza su ciò che sarà la massima serie del futuro, così da permettere ai costruttori di cominciare ad organizzarsi. “Siamo consapevoli di ciò che sta accadendo nel mondo e dovremmo fare di tutto per anticipare la nuova generazione di motori al 2025, tuttavia cosa serve conoscere adesso il regolamento se poi si potrà continuare con le evoluzioni?”, la replica del dirigente di Vienna all’omologo italiano.
Chiara Rainis