Luca Marini, come Mick Schumacher, arriva al vertice del suo sport, la MotoGP, per uscire dall’ombra del suo ingombrante parente, Vale Rossi
Luca Marini e Mick Schumacher. Ovvero, il peso di portare addosso un cognome (o una parentela) pesante, e di trascinarselo fino al vertice delle rispettive categorie. Tanto che, quasi per caso (o forse no) entrambi, il fratello e il figlio d’arte, debutteranno rispettivamente in MotoGP e in Formula 1 nella prossima stagione. Marini sa bene che cosa vuol dire avere una parentela illustre, non sempre o non solo un vantaggio, e rivendica con orgoglio la strada che ha compiuto, sempre con le sue forze, partendo dal basso e facendosi largo non grazie alle scorciatoie, ma alle sue doti.
“Non conosco il percorso di Mick Schumacher“, racconta ai microfoni di Tuttosport. “Il mio è stato di tanta gavetta, partendo da zero con il mio babbo. Quando mi guardo indietro penso: ‘Wow, ne ho fatta di strada’. Non ho certo avuto le moto migliori perché ero il fratello di Valentino, come forse qualcuno pensa, ma mi è servito perché ho imparato cosa significa il sacrificio e mettere tutto te stesso in quello che ami. La svolta è stata l’ingresso nello Sky Racing Team VR46 nel 2018, che mi ha portato a sfiorare il Mondiale in Moto2 e approdare in MotoGP. Non un punto di arrivo, ma il luogo dove provare a ottenere ancora di più”.
Dalla gavetta alla MotoGP: il percorso di Luca Marini
Lo stesso vale per lui come per il figlio del leggendario Michael Schumacher: “Auguro lo stesso e il meglio a Mick”, spiega ancora Marini. “Per lui sarà ancora più complicato, perché ha un cognome pesante. Il mio è Marini, anche se molti scrivono ancora ‘il fratello di Valentino’. Ci sono abituato, mi spiace solo per il mio babbo”. Ma, a differenza di Mick, Luca Marini avrà una chance incredibile: quella di condividere la griglia di partenza proprio con suo fratello Valentino Rossi, oltre che con gli altri allievi della sua accademia, come Franco Morbidelli e Pecco Bagnaia.
“Figo, no?”, commenta Luca. “La dimostrazione che VR46 ha fatto e sta facendo un ottimo lavoro, anche se si può e si deve sempre fare di più. Tutti i piloti dell’Academy sono stati messi nei team migliori e hanno avuto moto competitive per esprimersi. E ora siamo già tre in MotoGP e il prossimo anno ne arriveranno altri. Credo che si sia realizzato un sogno che neppure Vale, Uccio, Albi e gli altri avevano chiaro in mente, quando hanno iniziato questa avventura”.