Il rientro della Honda in F1 ha deluso e ora i vertici nipponici non nascondo il rammarico per i successi mancati.
Il GP di Abu Dhabi è stato l’ultimo della parentesi Honda, al rientro nel Circus dopo il precedente addio dato a fine 2008. Tornata con tante belle speranze e premesse, la Casa di Sakura si era illusa di ripetere le glorie vissute nell’epoca di Senna e Prost ed invece il triennio dal 2015 al 2017 è stato a dir poco angosciante. Ogni gara un motore in fumo, senza dimenticare le accuse di scarsa competitività urlate ai quattro venti dall’allora driver di punta della scuderia di Woking Fernando Alonso.
Un po’ di ossigeno è arrivato al momento del passaggio all’ex Toro Rosso e più ancora dall’unione con la Red Bull. Nelle ultime due stagioni sono arrivate sei vittori: cinque a firma di Max Verstappen e una, quest’anno a Monza, con l’Alpha Tauri di Pierre Gasly. Numeri poco significavi, che ovviamente non possono soddisfare un colosso come quello giapponese che, oltre al fallimento deve sommare un’uscita di scena a tratti incomprensibile e denigratoria nei confronti della F1, forse ormai ritenuta inadeguata per le sfide proposte dal mercato automobilistico.
“L’obiettivo ad inizio campionato era il titolo marche, dunque, aver chiuso alle spalle della Mercedes ci ha deluso”, ha ammesso il responsabile del programma motorsport Masashi Yamamoto . “Prima dell’Austria eravamo fiduciosi, ma poi ci siamo rapidamente accorti che non ce l’avremmo fatta”. Effettivamente se il 2020 doveva concedere un po’ d’aria ai rivali delle Frecce Nere, il risultato è stato l’opposto, con Hamilton mattatore assoluto, infastidito solamente dal vicino di box Bottas.
“Era dal 2004 che non finivamo il mondiale tanto avanti”, ha ricordato il periodo al seguito dalla BAR di Villeneuve. “I tedeschi hanno dominato, ma noi abbiamo comunque vissuto dei momenti speciali”, ha chiosato riferendosi nello specifico ai trionfi a Silverstone e nel Tempio della Velocità.
Chiara Rainis