Le monoposto sviluppate dalla Red Bull hanno fatto più scuola delle Mercedes. Il dt delle Frecce Allison spiega il motivo.
Come mai nonostante la Mercedes stia dominando ininterrottamente dal 2014 le auto più copiate sono le Red Bull? Per rispondere a questa domanda va fatta una semplice considerazione. Per tutti le Frecce Nere vincono perché dispongono di un gran motore, al contrario delle vetture energetiche che porterebbero a casa risultati per merito del telaio. Di conseguenza non essendoci grossa possibilità di gioco a livello di propulsore, l’unico esercizio di copia fattibile resta quello relativo allo chassis. Per il direttore sportivo di Stoccarda James Allison, la questione sarebbe tuttavia più complessa.
Dietro alla scelta dei team di prendere d’esempio le RB ci sarebbe l’esaltazione mediatica nei confronti del progettista Adrian Newey.
“Continuando a dire che è il migliore la stampa ha convinto tutti a copiare il suo concept”, le parole dell’ingegnere britannico ad Auto Motor und Sport. “Nel frattempo anche la nostra macchina si è messa in luce, ma l’idea di fondo è che sia per merito della power unit”, ha evidenziato infastidito per la scarsa importanza data all’aerodinamica delle W.
Per Allison copiare è rischioso
Il caso Racing Point del 2020 ci ha insegnato che tutto è possibile, ma per il tecnico 52enne stravolgere il concetto di base della propria macchina è sempre e comunque pericoloso. “Qualunque tentativo di deviazione comporta dei passi indietro”, ha aggiunto spiegando come ritoccare la propria direzione storica comporti almeno una fase di stallo prima di poter risalire e cominciare a beneficiare della novità. “non è facile essere coraggiosi e alterare il proprio progetto di base. Ecco perché di solito si tiene quello di partenza.
Per far comprendere meglio la propria riflessione, l’ex Ferrari ha ricordato le difficoltà accusate dalla squadra nel 2017. “Sapevamo cosa non funzionava sulla monoposto, ma capire come modificare elementi fondamentali senza perdere terreno ha comportato un impegno prolungato nel tempo”, ha concluso.
Chiara Rainis