Il dottor Costa, storico medico della MotoGP e fondatore della Clinica mobile, compie 80 anni e racconta il suo legame con Valentino Rossi
Sono passati solo pochi giorni dalla data in cui Valentino Rossi ha compiuto quarantadue anni e già la MotoGP ha festeggiato un altro compleanno illustre: quello del mitico dottor Costa, lo storico medico del Motomondiale e fondatore della Clinica mobile.
Una coincidenza, o forse no. La carriera dei due Dottori (quello di nome e quello di fatto) delle due ruote si è infatti lungamente intrecciata. Fin da quando il fenomeno di Tavullia era ancora un ragazzino e proprio Claudio Costa convinse sua madre Stefania Palma a permettergli di seguire la strada del motociclismo, invece di indirizzarlo verso la laurea come lei avrebbe voluto.
Il segreto di Valentino Rossi è “il gioco”
“Conoscevo suo padre”, ha raccontato Costa ai microfoni della Gazzetta dello Sport. “All’inizio lo curavo quando cadeva facendo le gare con il motorino a Tavullia. Un giorno la madre mi disse che desiderava che Valentino prendesse un titolo di studio. Io le dissi che avrebbe vinto più titoli correndo con la moto”. Oggi, a decenni di distanza, il nove volte campione del mondo è ancora in sella: merito di un segreto speciale, che ne garantisce tuttora la straordinaria longevità agonistica. “Il gioco. Ha corso divertendosi. Grandissimo”, spiega il chirurgo.
Nel corso di questi lunghi anni, solo in un’occasione si verificò una frizione tra Rossi e Costa: avvenne nel Gran Premio d’Italia 2010, quando il pilota della Yamaha si ruppe tibia e perone durante le prove libere del venerdì. In quell’occasione Vale rifiutò le cure del medico, perché pensava che potessero addirittura peggiorare le sue condizioni. “Lui sa quante volte sono riuscito a farlo salire sulla moto anche in condizioni difficili”, afferma Costa, che all’epoca rimase offeso dal gesto del numero 46, ma oggi riconosce anche i suoi errori.
Quella volta in cui litigò con il dottor Costa
“Da medico, avrei dovuto accettare questo suo dubbio, cercare di comprenderlo, fargli capire che non avrei mai fatto nulla di male contro di lui, se non fargli vincere la gara e il campionato del mondo”, spiega. “Quando, alla fine dell’anno, si è operato lo stesso, mi aspettavo che venisse da me, ma non è andata così. Sono io ad aver sbagliato, pur avendomi lui provocato”.