A tre mesi dall’incidente del Bahrain Grosjean torna a parlare dei benefici dell’halo e ringrazia Bianchi.
Mentre si sta preparando per il debutto in pista in America, Romain Grosjean non ha ancora dimenticato il recente passato, ovvero quell’incidente in avvio del GP del Bahrain dello scorso 29 novembre diventato per lui uno spartiacque. Mai più salito su una monoposto di F1, il ginevrino ha accettato, contro ogni previsione, di volare negli Stati Uniti e lì cominciare una nuova esperienza nel motorsport.
Mentre scriviamo il #51 è appena arrivato in Alabama dove martedì affronterà il primo test collettivo della stagione di IndyCar sul circuito di Barber con il team di Dale Coyne.
Un’avventura che in passato aveva spesso escluso, ma che a seguito del crash di Sakhir ha rivalutato. Intanto nei giorni scorsi l’emittente francese Canal + ha mandato in onda un documentario intitolato “1,6 secondi”, ovvero il tempo trascorso dalla sua uscita di pista a quando la sua Haas F1 ha iniziato a prendere fuoco. Oltre alla ricostruzione in 3D dell’impatto, il reportage ha riportato anche le voci del team, della moglie di Romain Marion e dello stesso pilota.
Tra i più strenui oppositori dell’Halo, la protezione dell’abitacolo a forma di V studiata dai team e approvata dalla FIA a seguito del terribile botto occorso il 5 ottobre 2014 a Bianchi e poi costatogli la vita, Grosjean ha dichiarato di essersi pentito per le tante affermazioni di contrarietà pronunciate a proposito dell’adozione del sistema.
“Sono stato un idiota. Oggi non posso far altro che dire “grazie Jules” perché in un certo senso mi ha salvato la vita”, le sue parole. In effetti se non fosse stato presente quel dispositivo per lui la fine sarebbe stata un’altra.
Chiara Rainis
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