Red Bull lontana dall’essere un esempio. Secondo l’ex F1 Albers nel team regnerebbe la disorganizzazione.
Nota per la sua filiera che ha svezzato diversi piloti di valore, su tutti Sebastian Vettel, Daniel Ricciardo e Max Verstappen, nonché per l’atteggiamento severo nei loro confronti da parte del talent scout Helmut Marko, la Red Bull in realtà non sarebbe così precisa e puntuale come si vuole presentare.
A sostenerlo è Christijan Albers. L’ex Minardi e Spyker, ha definito l’equipe austriaca “poco professionale” e si è mostrato scettico a proposito della bontà della decisione della FIA di congelare i propulsori a partire dal 2022 proprio per permetterle di restare in F1 malgrado il ritiro di Honda.
Secondo l’olandese la scuderia con base a Milton Keynes avrebbe compiuto un vero e proprio azzardo spingendo per il “freezing” delle power unit. Specialmente alla luce del suo atteggiamento critico nei confronti dei motoristi, come dimostrato dalla tormentata e tumultuosa collaborazione con Renault.
“Non appena la PU non andrà bene ricominceranno a piangere”, ha affermato pungente a De Telegraaf, ricordando le polemiche, gli insulti e le minacce d’abbandono del recente passato. “A quel punto però non potranno fare nulla dato che fino al 2025 non potrà essere modificata”.
Al di lĂ della tendenza ai capricci, per il 41enne alla Red Bull mancherebbero un approccio professione e una buona comunicazione.
“Esternamente sembra perfetta, ma da vicino ci si rende conto che è una squadra disorganizzata. Le altre sono messe molto meglio”, ha proseguito riferendosi in particolare alla confusione creata attorno al contratto del #33.
Per il pilota e dirigente di Eindhoven un altro punto critico potrebbe aprirsi qualora Sergio Perez dovesse essere piĂą competitivo del compagno e cocco di casa. In quel frangente i vertici dovranno dimostrarsi in grado di gestire la situazione.
“Se Checo dovesse battere in un paio di gare Max, cosa succederà ? In casi del genere anche i migliori iniziano a dubitare di sé stessi”, ha chiosato con una domanda aperta.
Chiara Rainis
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