Loris Capirossi, che di Fausto Gresini era stato compagno di squadra e poi pilota, ma soprattutto il più caro amico nel paddock, lo ricorda
Tra i tanti ricordi che giungono in queste ore di lutto per il mondo del motociclismo, a seguito della tragica scomparsa di Fausto Gresini, ucciso dalle complicanze del coronavirus all’ospedale Maggiore di Bologna, il più commovente e il più commosso è senza dubbio quello di Loris Capirossi. Gresini era stato compagno di squadra, poi coach e infine team manager del tre volte campione del mondo, ma soprattutto era il suo amico più stretto e fidato all’interno del paddock. Tanto che la perdita, per Capirex, è letteralmente straziante.
“È troppo triste tutto questo”, commenta ai microfoni della Gazzetta dello Sport. “Non posso pensare di non vederlo mai più, questa cosa mi uccide. Non esiste. Sai, da una persona anziana ti aspetti che da un anno all’altro possa succedere qualcosa. Ma lui, 60 anni… era pieno di vita, non si fermava un secondo. Ha dedicato tutta la vita, il suo lavoro, al team, ai ragazzi. Ha una famiglia fantastica, quattro figli, Nadia (la moglie, ndr)… le ho parlato, è devastata. Io sono anche il padrino di Lorenzo. Sono tutti brave persone, quando hai un padre così come fai a essere una persona cattiva? Adesso diventa difficile tutto”.
Capirossi ricorda il carattere buono, gioviale e sempre entusiasta di Fausto Gresini, che riusciva a farsi voler bene da tutti gli addetti ai lavori: “Mi ricordo una battuta: ‘Me so’ c’sé’, io sono così, in romagnolo. Aveva un sorriso per tutti, poteva essere duro, ma era buono. Ultimamente non era facile, ha una sessantina di persone sotto di lui, mi diceva ‘Loris, c’è da fare questo e quello, è un casino, cosa succederà?’. Chiedeva consigli, o io chiedevo a lui. C’era un rapporto importante tra noi”.
E gli attimi vissuti insieme che oggi riaffiorano alla memoria sono tanti: “Non c’è un momento più bello, perché quando frequenti una persona e sai che ti puoi fidare ciecamente, è tutto molto facile”, conclude Loris. “Certo, il mio primo Mondiale nel ‘90, quando nel GP decisivo a Phillip Island per aiutarmi prese anche un pugno in testa da Hans Spaan, fu un atto di vera amicizia. Da lì cambiò tutto”.
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