Melandri parla della sua carriera tra MotoGP e Superbike, facendo anche paragoni tra due due categorie e approvando la scelta di Rea.
Marco Melandri ha grande stima nei confronti di Jonathan Rea, sei volte campione del mondo Superbike e autentica leggenda della categoria. Un pilota che ha fatto ottimi risultati anche prima di approdare in Kawasaki, quando guidava una Honda che non era certamente tra moto top.
Intervistato da Gazzetta Motori, il ravennate ha spiegato che il fenomeno nord-irlandese ha fatto bene a non passare nella classe regina del Motomondiale: «Aveva tutte le carte in regola per fare bene anche in MotoGP. Ma è stato intelligente a non cambiare in corsa, perché avrebbe solo trovato ulteriori difficoltà. Invece in SBK ha continuato a confermarsi e riconfermarsi».
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Melandri su differenze tra MotoGP e SBK
Melandri si è espresso sul suo passaggio dalla MotoGP alla Superbike: «È stato molto bello. Sembrava che i piloti MotoGP andassero in SBK per pre-pensionamento, invece io cambiai a 28 anni. Lo feci perché in MotoGP ero destinato a essere solo un numero, non avrei potuto divertirmi e ottenere risultati in linea col mio potenziale. La Superbike è stata un’opportunità, uno stimolo. Esperienza davvero bella, ho scoperto un mondo più alla mano e famigliare».
All’ex pilota viene domandato del confronto tra le due categorie e del fatto che certi rider riescano a emergere nel campionato delle derivate di serie: «Fare paragoni è complicato e impossibile. Sicuramente diversi piloti che in MotoGP non riescono a fare risultati importanti poi in Superbike riescono a fare bene non tanto per il livello dei rider, ma perché in top class sono destinati a essere solo dei numeri e a fare da contorno. In SBK hanno una situazione diversa con moto competitive e possono tornare a giocarsela».
Melandri spiega che un fattore determinante è rappresentato dalle gomme, ciò che veramente definisce le diversità tra le due categorie: «A livello di guida la differenza è minima. Oggi le moto sono simili, cambia poco. La differenza più grande riguarda le gomme, sono molto diverse. In MotoGP sono più rigide, sono prototipi per le corse. Nel WorldSBK trovi una gomma sviluppata che viene dalla produzione di serie e più facile come primo approccio, così come nella gestione. Gli pneumatici rendono la moto diversa».
Ripensando alla sua carriera e al fatto di essere stato a volte additato come un pilota che si lamentava, Marco ha esposto i seguenti pensieri: «Ho certamente avuto una carriera con alti e bassi. Ho fatto gare incredibili e altre decisamente sottotono. Credo che questa leggenda metropolitana sia stata resa nota da racconti di personaggi che non conoscevano la situazione nel box. Non sono mai stato realmente un pilota ufficiale. Solo in Ducati nel 2008 e purtroppo andò in maniera diversa dalle previsioni. Non si possono tirare le somme. Quando le cose non andavano, io sapevo sempre perché. Per vari motivi non si potevano dire o quando provi a raccontarli passavi per pilota che si lamentava o che piangeva. Questo è quello che mi è mancato per vincere un titolo mondiale in MotoGP o in Superbike».