Fabio Quartararo punta al titolo MotoGP 2021, ma il segreto della vittoria sarà nella costanza dei risultati.
Nel 2020 Fabio Quartararo ha conquistato tre vittorie e da quest’anno ambirà al titolo mondiale in sella alla Yamaha M1 del team factory. Ha iniziato lo scorso campionato con due vittorie nelle prime due gare proiettandolo tra i favorito per la corsa al Mondiale, prima di perdere costanza di risultati che lo hanno sprofondato all’ottavo posto in classifica finale e terzo miglior pilota Yamaha, davanti solo a Valentino Rossi.
Adesso il pilota francese cerca il riscatto potendo contare sull’appoggio tecnico del team ufficiale. E facendo leva su una maggiore maturità professionale e psicologica. “La scorsa stagione abbiamo avuto problemi tecnici, ma anche situazioni che non ho padroneggiato abbastanza bene”, spiega Quartararo in una video intervista su Facebook con il promotore del Gran Premio di Francia. “Quando avremmo potuto finire sesti o settimi, ho spinto troppo e sono caduto”.
Sapersi accontentare nei week-end più difficili è il segreto della costanza, racimolare il massimo dei punti anche quando non è possibile lottare per il podio, soprattutto in una stagione in cui le distanze tra i vari team e piloti saranno molto ravvicinate. Nei primi test la M1 2021 ha dimostrato di aver migliorato in percorrenza di curva, pur restando il tallone d’Achille della velocità massima. “Anche se abbiamo ancora problemi, penso che l’obiettivo sia lottare per il titolo. Sappiamo che ci sono gare in cui non possiamo lottare per la vittoria e dobbiamo cercare di ottenere più punti possibile”. Al momento, vincere il titolo è ancora un obiettivo lontano. “Non ho bisogno di pensarci all’inizio della stagione. Devo pensare a vincere le gare e finire sul podio”.
Inoltre da pilota factory avrà il compito di indicare agli ingegneri Yamaha quale strada seguire per l’evoluzione del prototipo, una responsabilità che accetta volentieri. “La moto del 2019 è la più consistente che abbia mai guidato”, ha concluso Fabio Quartararo. “Ma non perché fosse una moto satellite. Si tratta più di come si sente il pilota che della squadra”.
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