L’ex team principal Gian Carlo Minardi è convinto che Mick Schumacher sia arrivato in Formula 1 non grazie al suo cognome, ma al suo talento
“Non può esserci discussione, Yuki Tsunoda è davanti”. La Gazzetta dello Sport ha chiesto a Gian Carlo Minardi, oggi presidente dell’autodromo di Imola, ma in passato storico fondatore e boss della sua omonima scuderia, un parere sui tre esordienti che quest’anno faranno il loro debutto in Formula 1.
E lui, da vecchia volpe che di giovani nella massima categoria automobilistica ne ha svezzati tanti, ha già le idee chiare. Il suo favorito è il giovane nipponico ingaggiato proprio dalla Alpha Tauri, il team che a Faenza ha raccolto il testimone della sua Minardi.
“L’ho visto a Imola con una monoposto vecchia di due anni e mi ha impressionato”, afferma ai microfoni della Rosea. “È cresciuto tanto. Forse è vero che l’anno scorso in F2 era partito in mezzo al gruppo, ma poi è venuto fuori per quel che è. Una gradualità che è anche un modo tipico giapponese di approcciarsi alle cose. Di sicuro c’è che è determinato, non sbaglia, ed è veloce. Sia in quell’occasione a Imola che nei pochi test avuti a diposizione in Bahrain ha fatto tanti giri, senza errori. E poi, ripeto, ha a disposizione il motore Honda che tra tutti è quello migliorato di più. Insomma, se il buon giorno si vede dal mattino, per lui e per l’Alpha Tauri sarà una bella giornata”.
Gli altri due debuttanti, invece, sono entrambi schierati dalla ferrarina americana: “Mi sembra che quella adottata dalla Haas sia una filosofia giusta e che tutti e due, Schumacher e Mazepin, si siano adattati nel modo giusto. Ai test hanno fatto tanti giri nell’ottica di quel che il team vuole da loro: cioè che crescano senza troppi assilli, in modo da essere pronti per quando si conterà di tornare ad essere più competitivi, nel 2022″.
Gian Carlo Minardi è convinto che Mick Schumacher sia arrivato in Formula 1 non perché spinto dalla pesante eredità di famiglia, ma solo ed esclusivamente grazie al suo talento: “È lì perché ne ha i requisiti, non per il cognome. Perché, come dico sempre, se un pilota vince, vuol dire che vale, e lui ha vinto in F3 e F2, dimostrando di leggere bene le situazioni e reggere alla pressione”.
Diversa la situazione per Nikita Mazepin, che invece si è fatto notare finora più per gli scandali che ha provocato fuori pista, che non per le sue prestazioni: “Ma ora ha un anno in più”, conclude Minardi. “E credo che abbia capito, o gli abbiano fatto capire, che se vuole stare in questo mondo deve rispettarne le regole. Sa che anche da lui ci si aspettano progressi”.
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