Avrebbe compiuto 81 anni Mike Hailwood. Una leggenda su due e quattro ruote, per molti il più grande di tutti
Leggenda. Un termine sin troppo abusato quando si parla di personaggi dello sport, è vero. Ma Mike Hailwood può essere senza ombra di dubbio annoverato tra i grandi delle due ruote. Nato il 2 aprile del 1940 a Great Milton nell’Oxfordshire, per tanti piloti è stato il più grande di tutti i tempi, non tanto per il numero dei titoli quanto per il suo evidente ed indiscutibile talento, oltre che per le sue epiche imprese.
Una leggenda inizia col “trucco”
Il più talentuoso, il più eclettico, il più versatile tra i piloti di motociclismo. Dal 1958 al 1967 praticamente Mike Hailwood è stato il più forte. E pensare che la sua storia cominciò con un trucchetto.
Suo padre Stan, il più importante commerciante inglese di motociclette dell’epoca nonché grande appassionato di competizioni motociclistiche, lo spinse ad intraprendere la carriera di pilota professionista. Disputò la sua prima gara in circuito a 17 anni, anche se non avrebbe potuto: infatti per ottenere la licenza bisognava avere 18 anni, e lui li dichiarò mentendo. A 19 anni vinse il suo primo gran premio, ma la reputazione da “figlio di papà” lo tormentava. Hailwood però continuò per la sua strada e a 21 anni arrivò il suo primo titolo iridato in sella a moto Honda e FB Mondial, mettendosi in bacheca il trofeo della classe 250 e diventando il primo britannico a vincere nella quarto di litro dopo Cecil Sandford. Nello stesso anno diventa anche il primo pilota della storia a vincere tre gare in una sola settimana al leggendario Tourist Trophy dell’Isola di Man (dove ha vinto per ben 14 volte, leggendario il successo del 1978).
Ma fu solo l’inizio della leggenda: in appena 7 anni da professionista conquistò 9 titoli (4 nella 500, 2 nella 350, 3 nella 250), nel 1966 e nel 1967 “rischiò” di conquistare tre titoli in un solo anno.
Formidabile anche su quattro ruote
Nel 1968 però Hailwood non appese il casco al chiodo. Anzi. Decise infatti di passare alle automobili: il nove volte iridato, che ha già fatto qualche comparsata in Formula 1 con Lotus nei suoi anni da motociclista, si dedica inizialmente alle categorie minori e ai popolari Sport Prototipi, portandosi a casa un podio alla 24 Ore di Le Mans al volante di una Ford GT40 in coppia con David Hobbs.
Nel 1972 arrivò l’esordio in pianta stabile con le monoposto di F1, ma non riuscì nell’impresa di John Surtees, che nel 1964 era diventato l’unico pilota vittorioso sia nel Motomondiale che in F1 (un record che resiste ancora oggi). Nel 1974 a causa di un grave incidente al Nürburgring, arriva il ritiro dopo aver portato a casa al massimo un ottavo posto come miglior risultato finale e una seconda posizione al Gran Premio d’Italia a Monza nel 1972. Venne però ricordato per aver salvato la vita a Clay Regazzoni nel corso del Gran Premio del Sudafrica del 1973, portandolo via dall’auto in fiamme. Un atto di coraggio estremo che gli valse la Medaglia di Re Giorgio, uno dei più importanti riconoscimenti concessi ai civili dalla Corona Britannica.