Gli ex ingegneri che lavorarono con Michael Schumacher ammettono di rimpiangere ancora un momento particolare della sua carriera
Quella di Michael Schumacher è stata una carriera con pochi eguali nella storia della Formula 1 (anzi, con uno solo: Lewis Hamilton, che ha raggiunto proprio l’anno scorso il suo record di sette campionati del mondo vinti).
Il leggendario pilota tedesco ha vinto due titoli iridati alla Benetton, poi ne ha portati in dote cinque consecutivi alla Ferrari, alla quale ha legato più indissolubilmente il suo nome. A ben guardare, però, c’è una sola macchia in questo palmares straordinario.
Quella della Mercedes. Schumi decise infatti di tornare a correre nel 2010 con la Freccia d’argento, dopo aver annunciato il suo ritiro tre anni prima, e trascorse tre stagioni con la squadra di Brackley. Il bottino, però, fu magrissimo: un solo podio, un terzo posto nel Gran Premio d’Europa 2012, e una pole position a Montecarlo. A dire il vero, solo sfiorata, e poi persa per una penalità di cinque posizioni in griglia di partenza.
A tutt’oggi, James Vowles, attuale capo stratega della corazzata anglo-tedesca, non riesce a perdonarsi l’esito di quella qualifica del Gran Premio di Monaco 2012, che avrebbe potuto riportare Schumacher al successo.
“Ero entusiasta, penso che sia stato uno dei migliori giri della sua vita”, ha raccontato Vowles ai microfoni del podcast ufficiale della F1, Beyond The Grid. “Ma il fatto che proprio in quella gara sia stato arretrato mi ha spezzato il cuore. Quella era la sua opportunità di vincere una gara e volevamo tutti che ci riuscisse, perché francamente se lo meritava: si impegnava così tanto per il team e doveva ricevere una ricompensa. Mi dispiace per lui, ancora oggi, che non abbia ottenuto i risultati che meritava”.
Lo stesso rimpianto per il mancato successo di Michael alla Mercedes è quello che condivide il direttore sportivo Ron Meadows: “Dato quanto ci ha aiutati a migliorare, di sicuro il mio principale rammarico è non aver visto Michael vincere una gara con noi”, afferma. “Era un pilota di livello completamente diverso da tutti quelli con cui avevamo lavorato fino a quel momento. Credo davvero che tutti volessimo che vincesse, ma non è accaduto. Un paio d’anni più tardi abbiamo iniziato a vincere senza sosta, e una parte del merito è anche sua. Se oggi vinciamo dipende molto da lui, perché ci ha migliorati”.
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