Con la morte di Mosley scompare un pezzo della vecchia F1. Il commosso ricordo dell’amico ed ex patron del Circus Ecclestone.
Nel pomeriggio di lunedì è arriva la notizia della scomparsa, a seguito di un tumore, di Max Mosley. Certo, di lui non si sentiva più nulla da tempo, ma l’annuncio ha scosso l’ambiente. Che piaccia o meno, al di là degli scandali privati che nulla hanno a che vedere con il suo ruolo di Presidente della FIA, è stato un personaggio di peso in una F1 che in seguito ha faticato a trovare una direzione. L’esigenza di adattarsi ai cambiamenti del mondo e dell’automobilismo esplosa dopo la sua partenza nel 2009, ha tolto poesia ad uno sport che era fatto per lo più di quel tipo di narrazione.
La Federazione Internazionale lo ha salutato come l’uomo della transizione verso la motorizzazione ibrida. A noi piace invece ricordarlo come colui che, all’indomani del tragico weekend di Imola, capì che bisognava fare qualcosa per la sicurezza. Per evitare che si ripetessero tragedie simili.
Nelle scorse ore, come facilmente immaginabile, è arrivato il ricordo di Bernie Ecclestone, come lui prima pilota e poi team manager, quindi al vertice della serie seppur in posizioni distinte.
“E’ come aver perso un membro della famiglia. Per me era come un fratello”, le parole dell’ex Supremo all’agenzia DPA. “Ci capivamo ed eravamo molto aperti tra di noi anche in fatto di critiche. Era un tipo molto diretto. Poco tollerante con gli stupidi”.
Lungimirante come spesso accade alle figure che passano alla storia, fu al centro di numerose controversie con le scuderie di F1, poco inclini al cambiamento che invece lui voleva con ostinazione. “Ha fatto molte cose buone per le competizioni e per l’industria automobilistica rendendo le vetture più sicure”, ha concluso il 90enne il quale ha rivelato di non essersi mai perdonato una cosa, ossia l’aver votato contro la rielezione dell’amico e connazionale alla testa della Federazione prima dell’approdo di Jean Todt.
Chiara Rainis