Paolo Simoncelli la tragica morte di Jason Dupasquier e alla mente ritorna quanto accaduto a Marco dieci anni fa in Malesia.
La morte di Jason Dupasquier ha lasciato un vuoto enorme all’interno del paddock e riportato alla mente quanto avvenuto nel 2011 a Sepang, quando a perdere la vita fu Marco Simoncelli. Nel corso del secondo giro perse il controllo della sua moto e fu investito dai suoi diretti inseguitori. Quanto accaduto al Mugello ha sicuramente scosso Paolo Simoncelli che avrà sicuramente pensato a suo figlio… “Questo Mugello è stato di una tristezza disarmante dal primo passo che ho fatto all’interno mercoledì mattina. Dapprima per i suoi spalti vuoti… e per finire per la straziante notizia di Jason Dupasquier”.
Un fine settimana davvero surreale e assurdo, con un pilota del team SIC58 Squadra Corse partito dalla prima posizione in griglia, ma arrivato decimo alla bandiera a scacchi. “Ha fatto una bella gara da protagonista, ma in un range di pochissimi decimi di secondi ci sono tanti piloti e il rettilineo del Mugello è davvero davvero infinito. La pole resta sempre un’emozione, ma “abbiamo fatto veramente pace” solo quando mi ha regalato l’ orologio”.
A prendere il sopravvento è sicuramente la notizia tragica che ha coinvolto la classe Moto3 con la morte del 19enne. Purtroppo non è il primo caso e non sarà neanche l’ultimo. “E’ brutto da dire, è brutto da sentire, ma il motociclismo ogni tanto esige la sua tassa. E’ uno sport rischioso, costoso, lo sa il pilota, lo sappiamo noi eppure quando è ora di pagare non siamo mai pronti – aggiunge Paolo Simoncelli -. Il mio pensiero va alla Famiglia di Jason, conosco il dolore che stanno passando e non c’è consolazione. So che hanno un altro figlio che corre, ora la scelta che dovranno affrontare sarà altrettanto difficile”.
Chi più di Paolo può comprendere il dolore della famiglia? “In tutte le interviste che ho rilasciato in questi anni mi sono sempre ritenuto fortunato, per come ho perso Marco, senza che soffrisse, andandosene mentre faceva ciò che più amava, non rimanendo in vita in modo sofferto o limitato dopo tutte le esperienze che aveva provato. Perché un conto è nascerci, un altro è perdere per sempre l’ uso di gambe e braccia dopo un incidente, credo sia ancora più difficile farsene una ragione”.
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