Il veterano dei manager del Motomondiale, Carlo Pernat, commenta la gestione della tragedia di Jason Dupasquier da parte della Dorna
Carlo Pernat la prende con filosofia, con maturità. Affronta la tragica morte di Jason Dupasquier, ucciso a soli 19 anni durante le qualifiche del Gran Premio del Mugello di Moto3, con dolore, per via di quel grande carico di umanità che si porta dietro.
Ma anche con la corazza che si è saputo costruire un professionista scafato del motociclismo. Che purtroppo, nella sua carriera, di incidenti fatali ne ha dovuti vivere tanti, anche molto vicino a sé. Per citare solo l’ultimo, quello di dieci anni fa a Marco Simoncelli, di cui era il manager.
Il commento di Pernat alla tragedia
Dunque Pernat è triste, ma non stupito che questo sport meraviglioso abbia preteso ancora una volta il suo triste tributo di sangue. Il pericolo fa parte integrante di questa realtà e tutti ne sono consapevoli, lui per primo. “Chi fa questo mestiere sa che è a rischio, quando sei sopra un motore sai che il rischio c’è”, dichiara nella sua intervista concessa ai microfoni del Secolo XIX. “Succede per le moto, succede in Formula 1 e per le macchine in genere. Però il divertimento e la voglia sono così grandi che non ci pensi. Un po’ tutti gli sport sono a rischio, auto e moto di più”.
Purtroppo situazioni di questo genere si continuano a verificare ad intervalli regolari: “Va accettato che possano accadere tragedie come quella del povero Dupasquier. Se ci pensate, ogni cinque anni piangiamo un pilota: Tomizawa, Simoncelli, Salom. È drammatico ed è anche crudele dirlo, ma fa parte del gioco”.
“Non dovevano dirlo ai piloti di MotoGP”
Ma c’è un aspetto, relativo piuttosto al modo in cui questa vicenda è stata gestita dall’organizzazione della MotoGP, che al veterano dei manager del Motomondiale non è proprio andato giù: “Se c’è stata proprio una cosa incomprensibile, per me, è stata quella parata dei piloti per commemorare il loro collega. A un quarto d’ora dall’inizio della corsa della MotoGP. Una cosa assurda! Immagino tutto quello che può essere passato per la testa dei ragazzi in quei momenti e dopo, quando è iniziata la corsa”.
Secondo Pernat sarebbe stato più giusto diffondere la notizia solo dopo la gara: “Farli correre senza dire nulla, lasciarli preparare come sempre, sono momenti delicati. I piloti salgono su moto che fanno i 360 all’ora, ma avete presente? Non sono l’unico a pensarla in questa maniera, erano d’accordo con me anche Agostini e Petrucci“.
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