Dopo mesi di ricovero, moriva nel 2015 Jules Bianchi, il talento dell’Academy della Ferrari e grande amico di Charles Leclerc
Sono passati già sei anni dalla morte di Jules Bianchi, una stella scomparsa ancor prima di brillare, dal futuro promettente ma la cui carriera si è interrotta durante il GP del Giappone dell’ottobre del 2014.
Di origini italiane, con antenati di Milano, era il nipote di un altro pilota, Lucien Bianchi, morto nel 1969 durante le prove della 24 ore del circuito di Le Mans. Al volante, proprio come Jules. Era un vero talento, come il suo amico Leclerc, e lo ha ricordato tempo fa il suo manager Nicholas Todt: “Per trovare le nuove stelle dovevo cercarle giovanissime, e così ho iniziato a seguire le serie minori, dai kart. Chiedevo a tutti chi fosse il migliore dell’epoca. Al 95% mi rispondevano Jules Bianchi”.
Con i kart è stato un vero fenomeno, tanto che ad accorgersi di lui fu la Ferrari, che lo inserì subito nella sua Academy nel 2009. E ottenne anche un giorno di test sul circuito di Jerez, nel dicembre dello stesso anno, con una F60. Era il campione che la Rossa sperava di coccolare e crescere nel suo ambiente, per poi lanciarlo definitivamente al momento giusto.
Lui intanto cresceva prima in F3, dove nello stesso anno divenne campione con 6 pole position, 9 vittorie e 12 podi, poi in GP2, dove ottenne un quarto e un terzo posto finale.
Nel 2012 un nuovo assaggio della F1, con i test con la Force India, ma dall’anno dopo la Ferrari lo “parcheggiò” alla Marussia. Fu prima terzo pilota, poi nel 2013 il vero debutto. Dopo una buona prima stagione, nel 2014 era pronto per la definitiva consacrazione.
Nel Gran Premio di Monaco conquistò i primi punti grazie ad un 8º posto (diventato 9° per una penalità di 5 secondi), i primi punti nella storia della Marussia. Un mese dopo, ottenne il suo miglior piazzamento in qualifica, dodicesimo. Il 5 ottobre 2014 però la tragedia: nel corso del Gran Premio del Giappone, a causa della pioggia battente, Bianchi perse aderenza sulla sua monoposto, uscì di pista a fortissima velocità e andò a impattare pesantemente contro una gru mobile, ferma nella via di fuga per rimuovere la Sauber di Adrian Sutil, uscito di pista il giro precedente.
Le condizioni risultarono immediatamente critiche. Bianchi fu trasportato al reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Yokkaichi, e subì un intervento per ridurre un ematoma al cervello. Trasportato poi a Nizza, morì nel luglio del 2015.
Un episodio quello della morte di Bianchi che scatenò polemiche infinite sulla sicurezza in pista. Una commissione scagionò tutti, ma tanto da allora si è fatto per evitare tragedie simili. Non ultima l’introduzione dell’Halo, che ha salvato la vita a un altro transalpino come Romain Grosjean lo scorso anno. Ma di strada la F1 ancora ne dovrà fare, per cercare di ridurre al minimo i rischi per i piloti. Ma oggi, anche grazie a quella tragedia, il Circus è più sicuro.
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