Il grande pilota Randy Mamola ricorda quando sulla sua Ducati salì Michael Schumacher, al Mugello. E lui se la vide brutta
Da pilota Randy Mamola è stato un grandissimo campione, pur non riuscendo mai a conquistare il Motomondiale: in tredici stagioni in classe 500, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, si fermò al titolo di vicecampione iridato, conquistato per ben quattro volte, e si aggiudicò in tutto tredici Gran Premi.
Poi, la sua seconda vita motociclistica l’americano l’ha vissuta fino all’anno passato, da guidatore della Ducati biposto per ben diciassette campionati di fila. Le sue esibizioni a margine delle gare lo hanno visto protagonista scarrozzando per i circuiti colleghi piloti e grandi vip, da Bernie Ecclestone a Martin Brundle, da Keanu Reeves al principe Harry.
Quando Randy Mamola incontrò Michael Schumacher
Ma forse l’incontro più famoso fu quello del Gran Premio d’Italia 2006 con Michael Schumacher. Appassionato di due come di quattro ruote, il tedesco non volle perdere l’occasione di salire sulla Desmosedici per un paio di giri del Mugello, nonostante quell’anno fosse in piena lotta per il titolo iridato.
Il rischio, dunque, era tanto, e l’amministratore delegato della Ducati non mancò di sottolinearlo in maniera più che inequivocabile a Randy: “Eravamo al Mugello ed era previsto un giro con Michael Schumacher sul sellino posteriore”, il suo racconto. “All’epoca si stava giocando il Mondiale con la Ferrari e la settimana successiva il pilota tedesco avrebbe dovuto gareggiare a Silverstone. Claudio Domenicali mi si avvicinò e mi disse testualmente, scherzando ma non più di tanto: ‘Se torci un capello a Schumi ti ammazzo’. Fortunatamente non successe niente, anche se andammo davvero forte”.
Eppure, in tanti anni, solo pochissime volte i giri di Mamola si sono conclusi per terra, insieme ai suoi passeggeri: “Due cadute su circa seimila uscite sono una buona media, dai. Successero otto o nove anni fa. La Bridgestone aveva una gomma posteriore che era stata rimossa perché piloti come Casey Stoner o Ben Spies se ne erano lamentati. Quello pneumatico ci arrivò per errore e mi fece cadere con il mio copilota a Barcellona e poi di nuovo a Silverstone. Da allora abbiamo sempre avuto con noi un gommista, prima Bridgestone, e poi Michelin“.
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