Il Drake, Enzo Ferrari, morì a 90 anni il 14 agosto del 1988. E un mese dopo il miracolo della doppietta Berger-Alboreto a Monza
Era il 14 agosto del 1988 quando all’età di 90 anni morì il grande Enzo Ferrari. Uno choc non solo per la scuderia da lui fondata e resa celebre nel mondo, ma proprio per il mondo delle corse tutto e l’Italia intera.
Ferrari, un carattere non semplice
Nato a Modena, la carriera di Enzo Ferrari iniziò nel 1920 come pilota dell’Alfa Romeo. Nel ’23, in occasione di una gara a Ravenna, ricevette in regalo dalla madre di Francesco Baracca il simbolo che il leggendario aviatore portava sulla carlinga come portafortuna: il cavallino rampante. Un simbolo che fece diventare ancor più leggendario.
Fu nel ’29 che venne chiamato per fondare una squadra corse collegata all’Alfa Romeo, destinata a diventare celebre come Scuderia Ferrari, istituita ufficialmente nel 1947. Fu l’inizio del mito. Tanti i soprannomi nella sua lunga carriera, come “Il Cavaliere”, “Il Commendatore”, “L’Ingegnere”, “Il Mago”, “Il Patriarca”, “Il Grande Vecchio” o “Il Drake”.
Quest’ultimo si riferisce al celebre corsaro Francis Drake e venne coniato dagli avversari inglesi nel secondo dopoguerra, con un misto di accusa e di ammirazione, per la dimostrata capacità e determinazione di Ferrari nel perseguire e cogliere risultati sportivi di portata assai superiore alla sua piccola azienda, anche con atteggiamenti che, ai più, erano invisi per la sua durezza.
La verità è che era invidiato da tanti. E la questione del carattere difficile era solo una scusa per mascherare tutto. Con determinazione portò avanti il suo sogno e ci riuscì, rendendo il marchio Ferrari rinomato in tutto il mondo, un orgoglio italiano.
La morte e quel regalo postumo a Monza
La morte di Enzo Ferrari arrivò potente a sconquassare il mondo della scuderia di Maranello ma del motorsport intero. Un personaggio così era difficile da sostituire. Soprattutto in Ferrari. All’epoca la Rossa non navigava in buone acque, sportivamente parlando. Ma a un mese dalla sua morte, arrivò un miracolo.
L’11 settembre 1988 si correva a Monza. E davanti ai tifosi della Ferrari, la rossa riuscì a regalarsi una giornata di gloria, proprio per onorare il patron recentemente scomparso. Il Mondiale era dominato dalle McLaren di Ayrton Senna e Alain Prost: due cannibali. Su 11 Gran Premi disputati, sette vittorie per il brasiliano, quattro per il francese. La Ferrari, lontana anni luce delle monoposto anglo-giapponesi, era affidata a Gerhard Berger e Michele Alboreto. Per i due poche soddisfazioni e tanta polvere. Monza, però, era la gara di casa.
Il weekend sembrò procedere senza sorprese: La prima fila fu tutta McLaren, seguita da una seconda fila tutta Ferrari. E il Gp sembrò senza storia. Al 35° giro però il primo colpo di scena con l’uscita di scena di Prost, con Senna davanti seguito dalle due rosse. Ma a tre giri dal termine il patatrac: Senna deve doppiare Schlesser, un pilota Williams che neanche doveva parteciparvi, a quel Gran Premio. Al primo tornantino però il contatto e l’uscita di scena del brasiliano, che concede la parata alle Ferrari. Un GP che rimarrà nella storia. Un omaggio al Drake meritato.
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