Malgrado alcuni media lo abbiano definito un “Predestinato”, Leclerc ha rivelato di aver faticato ad adattarsi alla F1.
Nelle categorie minori si era distinto per il basso profilo, poi la stampa, specialmente quella italiana, ha cominciato a tratteggiarlo come una specie di Messia, un vincitore ancora prima di cominciare e di certo non lo ha aiutato.
Dal 2018, anno del suo debutto nel Circus, Charles Leclerc ha raccolto appena due successi di gara, a Spa e a Monza nel 2019, e salvo episodi clamorosi resterà a secco per un altro po’.
In vena di bilanci a proposito del suo percorso nella classe regina finora, il monegasco ha ammesso di aver fatto fatica ad abituarsi al genere di gare proposte dalla F1 e di essere stato inizialmente timido e timoroso nei duelli diretti.
“All’improvviso correvo contro piloti che prima ammiravo in tv”, ha spiegato cosa lo bloccava al podcast Beyond The Grid. Ma dovendo battersi con i big ogni GP, ad un certo punto ha capito di dover cambiare registro. “Oggi penso solo al duello, non a ciò che il mio avversario ha ottenuto in precedenza”, ha commentato.
Archiviato il suo primo campionato in Alfa Sauber, il #16 si è trasferito a Maranello. Un salto nel vuoto e probabilmente anche in alto, tanto da averlo disorientato. “Al Cavallino mi sono sentito subito a casa, tuttavia mi ci è voluto quasi un anno per capire tutte le dinamiche di una grande squadra, a cominciare da come reagire nelle fasi complicate”, ha ammesso le criticità.
Oltre ad essere cresciuto come uomo, in Italia il 23enne ha imparato anche a gestirsi meglio in pista, limando alcuni difetti di gioventù come l’irruenza e l’ansia da prestazione. “È difficile dire quanti progressi abbia fatto”, ha asserito. “Rispetto a prima, lavoro in modo molto più dettagliato. Questo è uno sport in cui apprendi qualcosa ogni volta che indossi il casco”.
Al suo terzo mondiale in rosso, il driver del Principato dopo 11 gran premi è 7° della generale con 80 punti, tre in meno del compagno di box Sainz.
Chiara Rainis
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