Lin Jarvis parla del divorzio tra Yamaha e Maverick Vinales. Bocche cucite sui veri motivi, ma il manager snocciola qualche riflessione.
La collaborazione tra Yamaha e Maverick Vinales è definitivamente chiusa. Impossibile conoscere tutte le motivazioni del divorzio e dalla casa di Iwata preferiscono tenere le bocche cucite. Di preciso sappiamo solo che non è piaciuto il modo di “trattare” il motore nel primo round al Red Bull Ring. Ma sulla drastica decisione influiscono anche i risultati poco esaltanti raccolti negli ultimi anni insieme.
Massima riservatezza anche da parte di Lin Jarvis, amministratore delegato di Yamaha Motor Racing, che sorvola sulle cause che hanno portato alla rescissione del contratto. “Trovo una risposta facile a questa domanda”, ha scherzato il manager inglese in un’intervista a Speedweek.com. “Perché non ero al GP del Sachsenring. Quindi posso dire che non c’ero, non ho guardato cosa succedeva sul posto. Non si può proprio parlare di rifiuto al lavoro, perché Maverick ha partecipato a tutti i corsi di formazione”.
I lati negativi di Vinales
Ma qualcosa si lascia scappare Lin Jarvis all’indomani del doppio round in Austria, una pista tradizionalmente poco vantaggiosa per le caratteristiche della YZR-M1. “Direi che il risultato in Sassonia fa luce sui problemi che Maverick ha a questo punto della sua carriera. A volte è molto veloce. Ma a volte si abbatte altrettanto violentemente. Penso che sia il suo tallone d’Achille, il suo punto vulnerabile. A volte è inspiegabile, difficile da capire. Può succedere tra mattina e pomeriggio o da una pista all’altra”.
Troppi alti e bassi psicologici e prestazionali secondo la scuderia giapponese, che poi ha mal tollerato certi comportamenti poco giustificabili. Un campanello d’allarme è stato l’arrivo del nuovo capotecnico Silvano Galbusera, fortemente voluto dai vertici Yamaha. “Maverick è estremamente talentuoso. Allo stesso tempo è un mistero. Ma è molto importante per lui sentirsi mentalmente a suo agio, forte e felice. Deve sentire di essere nel posto giusto. Quindi può produrre i risultati desiderati… Quando abbiamo sentito che Maverick non era più contento di noi, abbiamo cercato una soluzione, come in passato. Il nostro principio è sempre stato quello di non obbligare nessun pilota a restare. Se l’atleta non è contento, è meglio che ci lasci. È meglio per la squadra, per il pilota e per tutti gli altri coinvolti”.