Oggi, 22 settembre, avrebbe compiuto 92 anni una delle leggende del motociclismo italiano, Carlo Ubbiali. Un pilota davvero fenomenale
Proprio oggi, 22 settembre, avrebbe compiuto 92 anni una leggenda del motociclismo italiano come Carlo Ubbiali, scomparso a Bergamo il 2 giugno dello scorso anno. Uno dei più vincenti di sempre insieme a Valentino Rossi e Giacomo Agostini.
Era un vero asso con la moto Ubbiali. Tanto che la stampa dell’epoca lo definì “La volpe”, proprio per la sua caratteristica di studiare a lungo i suoi avversari prima di sferrare nel finale l’attacco decisivo. Uno dei piloti più belli da vedere nella sua epoca e che ha ispirato tanti campioni dopo di lui, compreso il recordman Giacomo Agostini, che proprio un anno fa raccontò a Sky Sport: “Avevo 10 anni quando vinceva tutto e sognavo di diventare come lui un giorno. E’ stato per me un esempio, un incentivo e una fonte d’ispirazione. Un vero e proprio punto di riferimento. Lui correva con la testa, da grande campione, con intelligenza e furbizia”.
E fu proprio Ubbiali che, una volta smessi i panni del pilota, consigliò alla MV Agusta di ingaggiare il giovane Agostini. Un consiglio quantomai azzeccato, visto poi quanto Ago ha vinto con la moto italiana.
Dai colleghi Ubbiali era chiamato “il cinesino”, a causa della sua bassa statura e gli occhi leggermente a mandorla. Ma in pista era feroce come un leone. La sua epopea iniziò nel 1951. E anno dopo anno collezionò titoli a ripetizione. Alla fine se ne contano 9, 6 nella 125 e 3 nella 250, di cui 8 con la MV Augusta, azienda motociclistica presso la quale iniziò a lavorare come meccanico nel 1948 e per la quale iniziò a correre.
Le gare a cui prese parte furono solo 74, ma lui riuscì a portarne a casa 39, oltre a 68 podi e a 34 giri veloci. In 5 occasioni poi Ubbiali si è aggiudicato il titolo con il massimo del punteggio raggiungibile in base ai regolamenti che prevedevano degli scarti. Segno evidente di una superiorità davvero incredibile.
Decisivo nella sua carriera fu anche il fratello Maurizio, da sempre suo manager e consigliere tecnico, che morì prematuramente a 36 anni. Per questo nel 1960, e anche per la paternità che stava per arrivare, decise di dire basta. Ma riuscì a dare spettacolo in quell’ultima stagione. Come al GP di Germania, dove nella 250 arriva secondo dopo una gara pazzesca tutta in rimonta, con quasi 15 secondi a giro recuperati al compagno Hocking, come lui su MV Agusta e poi trionfatore.
Fenomenale, poi, il suo particolare score in Olanda, che gli valse anche il soprannome di “professore di Assen”: in 9 delle 10 partecipazioni è sempre andato sul podio, con 4 vittorie, 4 secondi posti e un terzo posto tra le classi 125 e 250), tranne nel 1951 quando si ritirò nella gara delle 125. Un campione vero.
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