Ora che è suo compagno di squadra in Petronas, Andrea Dovizioso ha potuto osservare bene Valentino Rossi. E ha notato questo
Non è mai stato uno dei piloti più vicini a Valentino Rossi, uno di quelli che sono entrati nella sua cerchia più stretta. Ma Andrea Dovizioso è comunque un suo connazionale, un suo collega, con cui ha condiviso la griglia di partenza per molti anni e adesso anche la squadra.
I due italiani più forti della MotoGP degli ultimi decenni si ritrovano infatti compagni alla Petronas. Il Dottore nelle battute finali della sua carriera e il Dovi pronto a raccogliere il suo testimone nel ruolo di pilota esperto e riferimento della scuderia satellite Yamaha.
Che i rapporti tra i due non siano strettissimi, ma comunque cordiali lo mette in chiaro lo stesso forlivese: “Non siamo amici, ma c’è rispetto reciproco”, ha dichiarato ai microfoni del Corriere dello Sport. “All’interno del box lui è tranquillissimo”.
Fin troppo. Nel senso che Dovizioso ha fatto una rivelazione, tratta dalle sue analisi notoriamente lucide e razionali, ma anche dall’impressione che gli ha fatto vedere da vicino il fenomeno di Tavullia. Andrea, infatti, lo vede cambiato con il passare degli anni, più calmo, senza più quella fame che lo caratterizzava fino a poco tempo fa.
“Si invecchia, io sento lo stesso”, chiarisce. “C’è una parabola che inizia a scendere e lui ora si gode il bello di questa fase. Non si arrabbia come in passato se le cose non vanno”.
Un concetto che aveva espresso nei giorni scorsi anche alla Gazzetta dello Sport: “Mi fa strapiacere averlo al mio fianco, anche se vedi che non è più arrabbiato quando non arrivano i risultati. È un Vale un po’ diverso da quello che abbiamo sempre conosciuto”.
A proposito di grandi miti del motociclismo, da appassionato di motocross, a cui si è dedicato in questi mesi prima di fare ritorno in MotoGP, Dovizioso ha fatto un omaggio anche a Tony Cairoli, il quale ha a sua volta recentemente annunciato il proprio addio alle corse.
“Solo un pilota come lui poteva disputare una carriera così lunga sempre al top”, spiega il Dovi, “perché per rimanere a certi livelli occorre allenarsi per ore e ore in ogni condizione nel motocross. In più, i crossisti si prendono dieci volte i rischi di chi corre in MotoGP“.
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