Il dottor Claudio Costa, fondatore della Clinica mobile, parla della sicurezza in moto e dello schianto mortale di Dean Berta Vinales
La tragedia di Dean Berta Vinales, un’altra vita spezzata dalle due ruote a soli quindici anni, ha colpito come un pugno nello stomaco tutto il mondo del motociclismo.
Figuriamoci quanto possa essere rimasto toccato il dottor Claudio Costa, che la sua, di vita, l’ha dedicata tutta a soccorrere, a guarire e in alcuni casi addirittura a salvare i centauri sulle piste di tutto il mondo.
Di fronte al dramma, prima di tutto dal fondatore della Clinica mobile arriva un messaggio di cordoglio alla famiglia Vinales: “Come cosa primaria e principale sono vicino a tutti i cari di questo ragazzo, soprattutto i genitori: ho purtroppo vissuto spesso questi momenti con dei piloti che amavo e che erano miei amici”, racconta ai microfoni della Gazzetta dello Sport.
Ma il medico ci tiene a sottolineare come, grazie al suo aiuto, a quello dei piloti e delle istituzioni sportive, i passi in avanti compiuti sul fronte della sicurezza sui circuiti in questi ultimi decenni sono stati enormi. Resta però il buco nero delle situazioni in cui il pilota viene colpito dalle moto dei suoi colleghi che sopraggiungono, dopo una caduta: proprio quello che sarebbe successo a Berta Vinales.
“Adesso le piste sono sicure”, prosegue Costa, “se non fosse che l’ultimo ostacolo ineliminabile per la sicurezza nelle corse di moto è proprio la moto: è quello l’oggetto che purtroppo crea ancora queste situazioni di tristezza. Un incidente con la moto che ti colpisce è devastante pure a bassa velocità. Quello che la moto può arrecare a un corpo è sproporzionato: il corpo umano diventa impotente a ogni tipo di protezione. Nel soccorso immediato si cercano sempre delle possibilità di combattere anche l’irreparabile, ma quando la moto colpisce dei punti vitali come la testa e il collo le speranze si riducono a nulla”.
Sul dibattito tra chi sostiene che lo spettacolo si dovesse fermare e chi invece propende per andare avanti, il dottor Costa è dell’idea che il modo migliore per celebrare questo giovane e sfortunato ragazzo sia quello di andare avanti a correre.
“Stabilito che quel ragazzo faceva quel che amava fare e che stava sorridendo un attimo prima dell’incidente, credo che proseguendo a gareggiare lo si onori di più che fermandosi. È continuando che si tenta di superare la tragedia”, conclude.
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