La Federazione Internazionale risponde piccata alle recenti dichiarazioni di Alonso sul suo atteggiamento poco chiaro relativamente alle penalità.
Non ha usato, giustamente, la parola “mafia” Fernando Alonso, ben consapevole della portata e della gravità del termine, ma gratta gratta il suo messaggio è stato quello. Alla vigilia del GP della Turchia il Samurai aveva criticato la FIA per un approccio poco omogeno nell’attribuzione delle penalità, parlando addirittura di favoritismi nei confronti di taluni piloti e di un comportamento particolarmente severo verso altri.
Per razzismo, classismo e semplicemente amicizia o antipatia verso la squadra di riferimento, i federali farebbero muovere i commissari in direzioni differenti.
A fronte di un’accusa tanto pesante, una bomba vera e propria sganciata a poche ore dall’inizio di un weekend di gara, la Federazione non ha fatto attendere la risposta.
Raggiunto dal commento dell’iberico dell’Alpine che, per chi non avesse seguito, aveva rilasciato tale dichiarazione nel corso della conferenza stampa ufficiale del giovedì, il direttore di corsa Michael Masi ha, ovviamente, negato qualsiasi parzialità o qualsivoglia occhio di riguardo.
Nella fattispecie alla domanda sull’appunto al vetriolo del due volte iridato, l’australiano si è rifiutato di entrare nel merito di “accuse del genere”, convinto che “ogni pilota è giusto che abbia una propria opinione”, tuttavia “le regole sono uguali per tutti”.
Come accade nei tribunali, così l’ente che supervisiona il Circus ha fatto dunque professione di correttezza, allontanando i sospetti di accordi sottobanco. Riferendosi alle parole dell’asturiano che aveva indicato possibili discriminanti in termini di nazionalità, il successo di Whiting ha ribadito che i marshal operano secondo normative prestabilite.
“Gli steward che fanno parte del collegio sono indipendenti. Quando esaminano e giudicano un incidente lo fanno sulla base dei dati e delle informazioni in loro possesso”, ha archiviato la questione.
Chiara Rainis
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