Le parole di Valentino Rossi, non preparato a lasciare la MotoGP, fanno tornare alla mente quelle di altri campioni del mondo dello sport
“Sono entrato in paranoia pensando a Valencia. Penso di non essere preparato per il momento in cui smetterò di essere un pilota di MotoGP”. Le parole di Valentino Rossi uscite nelle ultime ore hanno fatto discutere. Come sempre, si è aperta la disputa tra chi critica il Dottore per una scelta che doveva arrivare prima e chi invece vorrebbe che continuasse ancora.
C’è però anche chi contesta al campione di Tavullia semplicemente il fatto di avere paura di appendere casco e guanti al chiodo. Come se uno come lui, che ha vinto tanto nella sua carriera nel Motomondiale, non possa avere questo sentimento. Che è il più umano che ci possa essere.
Valentino Rossi, quella “normale” paura di dire basta
Dire basta fa paura. Soprattutto quando si eccelle in qualcosa come in ambito sportivo. Ma è difficile dire basta in qualsiasi altro ambito. Un po’ come quando si va in pensione, il paragone è esattamente lo stesso. E il fatto di aver avuto successo è solo secondario. Fa paura smettere anche quando si è fatto per una vita qualcosa che si amava.
Lasciare il proprio mestiere è un salto nel vuoto per tutti, anche per chi è un campione nel mondo dello sport. Punto. E niente e nessuno può contestarlo. Perché la paura è democratica, non sta a guardare in faccia a nessuno, non vede se sei un vincente o meno, un operaio o un campione.
Il timore di smettere: gli altri esempi eccellenti
“Sarà difficile trovare qualcos’altro perché la MotoGP è tutta la mia vita”, ha detto Valentino Rossi. È questo che fa paura a lui, così come a ogni altro sportivo. Il dover affrontare la vita reale (come se quella sportiva non lo fosse), tornare a essere una persona normale, ma anche semplicemente cimentarsi in altro che non sia quello che ha fatto fino a quel momento. E che ha fatto con passione.
Ma il Dottore non è l’unico che ha esternato questa paura. Ci sono centinaia se non migliaia di sportivi che hanno vissuto lo stesso sentimento. Lo ha vissuto Giacomo Agostini, che ha sempre ricordato come dopo aver detto basta con le moto abbia pianto per giorni.
Oppure, guardando ai giorni nostri e in un altro sport, viene in mente l’addio al calcio di un’icona italiana come Francesco Totti, che in un toccante discorso finale davanti a oltre 70 mila tifosi accorsi allo stadio Olimpico di Roma per omaggiarlo, ha detto: “Non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Adesso ho paura. E non è la stessa che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un calcio di rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà ‘dopo’. Concedetemi un po’ di paura“.
Parole che descrivono bene il sentimento che sta vivendo Valentino Rossi ora. La decisione è stata dura, l’annuncio non lo ha scosso troppo, forse anche perché era nell’aria. Ma soprattutto perché era ancora relativamente lontana la data del suo ultimo GP. E ora che si avvicina a grandi passi, inesorabilmente, viene fuori quella paura così umana che lo rende davvero uno di noi. E non è questione di essere tifosi o meno del Dottore.
È questione di avere un cuore, che comprende cosa sta per vivere un campione dello sport che è pronto a dire stop e a tornare alla realtà, quella che viviamo tutti noi. E allora concedetelo anche a Valentino Rossi di essere normale. Concedetegli questa “debolezza”. Perché lui è come tutti noi, con i suoi pregi (tanti) e i suoi difetti (anche quelli tanti, magari). Niente di più, niente di meno.
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