Carlo Pernat mette fine ad una voce che era circolata sulla stampa in questi mesi riguardo gli ultimi anni di carriera di Valentino Rossi
Alla vigilia del Gran Premio dell’Emilia Romagna di MotoGP, un weekend che incrocia i destini di Marco Simoncelli e Valentino Rossi, torna a parlare un addetto ai lavori che li ha conosciuti bene entrambi, per essere stato il loro manager: Carlo Pernat.
Sul circuito intitolato al Sic, in questo fine settimana, si ricorderanno infatti i dieci anni dalla scomparsa dello sfortunato campione, ma si celebrerà anche l’ultima gara in Italia nella carriera del Dottore. E allora confrontare, paragonare o accostare questi due straordinario talenti del motociclismo italiano viene spontaneo.
Ma il veterano dei procuratori del Motomondiale ci tiene a fare chiarezza su un punto: “I pensieri romantici sono belli e suggestivi, ma affermare che Valentino Rossi ha continuato a correre in moto per così tanti anni per colmare il vuoto lasciato da Marco Simoncelli o per provare a dedicargli un titolo mondiale è sbagliato”, ha dichiarato ai microfoni del sito Men on Wheels. “E è anche ingiusto verso un pilota che ha scritto la storia del motociclismo moderno. E che non ha smesso prima solo perché aveva semplicemente voglia di correre ancora”.
L’interpretazione è circolata molto sulla stampa specializzata in questi mesi: parecchi giornalisti e opinionisti hanno ipotizzato che il fenomeno di Tavullia non abbia appeso prima il casco al chiodo sostanzialmente perché voleva onorare la memoria dell’amico e allievo scomparso. Pernat non concorda con questa versione.
“Io non sto nella testa di Valentino Rossi, ma penso che sia una boiata assurda”, prosegue. “Si volevano un gran bene, erano amici, su questo non ci sono dubbi. Come non ci sono dubbi sul fatto che Marco sia stato l’unico avversario che Vale non avrebbe voluto sbranare, ma di sicuro avrebbe continuato a provare a batterlo. Sarebbero state delle gran sfide. E certe ricostruzioni romantiche, anche se suggestive, non mi piacciono”.
Certo è che, se il famigerato decimo titolo iridato fosse alla fine arrivato nelle mani del numero 46, la dedica a Marco Simoncelli sarebbe stata automatica, addirittura doverosa.
“Discorso diverso, invece, è affermare che se Vale avesse vinto il decimo, sicuramente le prime quattro parole che avrebbe pronunciato sarebbero state ‘Questo è per Marco’. Non ho dubbi che sarebbe andata così e non ti nascondo che spesso a quel 2015 ci penso, se non fosse andata in quel modo avremmo assistito alla dedica più potente della storia delle corse”, conclude Carletto, senza nascondere una punta di comprensibile rammarico.
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