La storica fidanzata di Marco Simoncelli, Kate Fretti, si confessa in una rara intervista, dieci anni dopo la tragedia
Il tragico incidente di Sepang, che ormai dieci anni orsono ci ha strappato via crudelmente Marco Simoncelli, ha lasciato una ferita impossibile da rimarginare nelle vite di tanti di noi. Anche di quelli che non l’avevano mai conosciuto direttamente, ma che lo seguivano con affetto durante i Gran Premi del Motomondiale.
Inevitabile, però, che il prezzo più duro l’abbiano pagato i suoi familiari, i suoi cari. Papà Paolo, con sua moglie, che sono rimasti senza un figlio e che hanno trasformato il loro dolore nella forza di guardare al futuro nel nome del Sic, con una Fondazione benefica e un team di Moto3 per lanciare giovani talenti in suo onore.
E anche la sua fidanzata, Kate Fretti, originaria del bergamasco, ma che ormai da due anni prima del dramma si era trasferita definitivamente a casa Simoncelli, lei che di anni, all’epoca, ne aveva solo ventidue. Quel momento difficilissimo, ad un’età così giovane, inevitabilmente ha cambiato per sempre il corso della sua vita. Come, lo racconta in una rara intervista che, proprio in questi giorni in cui ricorre il decennale, ha concesso ai microfoni del Corriere della Sera.
“Dieci anni senza Marco”, racconta. “Penso che sia passato davvero molto tempo ma non è che un anniversario porti a ricordare. Accade ogni giorno. Ho sempre tenuto dei diari e un giorno scriverò un libro anche se non l’ho mai detto a nessuno. La mia vita cambiò in una manciata di secondi. Da allora ho a che fare con un’ansia permanente. Se mio fratello non risponde al telefono penso al peggio”.
Nel corso dell’intervista Kate parla di tanti argomenti, ad esempio del rapporto che Marco aveva con Valentino Rossi: “Sono stati due ragazzi che si sono voluti molto bene. Come capita tra amici veri”.
E infine delle tante, troppe morti di giovani piloti che hanno costellato questi ultimi anni delle corse, e che fanno sempre dubitare umanamente di questo sport, nonostante tutto: “La Fondazione esiste perché esistono le gare. Il team Simoncelli, lo stesso. Io e tanti miei amici lavoriamo grazie alle moto. Ma talvolta di fronte a tutte queste tragedie mi viene da dire: chiudiamo tutto subito. È un pensiero che cancello quando penso che in fondo questo è il mio mondo”.
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