Papà Paolo Simoncelli ricorda suo figlio Marco paragonandolo a due grandi campioni come lui, Valentino Rossi e Marc Marquez
Lo sentenzia un vecchio detto: la storia non si fa con i se o con i ma. Nemmeno quella del motociclismo. Questo è solamente un dato di fatto, per quanto cinico e crudele.
E dunque nessuno di noi può davvero sapere come sarebbe andata a finire la parabola della carriera sportiva di Marco Simoncelli, se ormai dieci anni fa un destino terribile non ce lo avesse strappato proprio sul più bello, quando stava lanciandosi nell’olimpo dei migliori piloti della MotoGP.
Ma si può comunque provare, anche senza certezze, a giocare con le ipotesi, ad immaginare un futuro alternativo in cui il Sic avesse continuato a correre, e a vincere, nella classe regina delle due ruote. Ci ha provato papà Paolo Simoncelli, colui che lo conosceva meglio di tutti.
E che, proprio per questo, era sicuro, così come tanti altri osservatori e addetti ai lavori del Motomondiale, che Marco avesse addosso le stimmate del fuoriclasse vero. Tanto da azzardare paragoni addirittura che lo accostano al più grande di quest’epoca, Marc Marquez, a ben vedere così simile al talento di Coriano.
“Sono convinto che ci saremmo divertiti un sacco perché sono uguali: stessa mentalità, stessa aggressività, stessa voglia di arrivare senza tante pugnette”, racconta Simoncelli Senior al sito specializzato F1 in generale. “Questa è la loro caratteristica. Direi che si sarebbero trovati benissimo. Probabilmente avrebbero anche avuto la stessa moto perché Marco aveva già un contratto ufficiale con la Honda. Sono convinto che con il passaggio alla cilindrata 1000 avrebbe dato paga agli altri per diversi anni. Decisamente più adatta al suo peso e alla sua statura. Sulla 1000 avrebbe potuto sfruttare tutti i cavalli a disposizione, non come sulle 800 in cui si era sempre al limite dei giri costringendo i tecnici a ridurre il flusso di benzina per preservare i motori”.
Ma, per altri versi, Marco Simoncelli aveva anche molti punti in comune con Valentino Rossi, il suo amico e mentore, che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, tanto da gettare proprio per lui le prime basi di quella che sarebbe diventata la sua attuale Academy. Paolo sa che dal Dottore suo figlio avrebbe appreso la longevità sportiva.
“Farebbe come Valentino, fino a quarant’anni tranquillo tranquillo”, aggiunge. “Tutto quello che avrebbe potuto fare per continuare a correre lo avrebbe fatto e poi avrebbe provato anche in macchina perché andava forte anche sulle quattro ruote”.
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