Il GP di Città del Messico della Ferrari si è giocato tutto in partenza e i piloti non nascondo la propria delusione per l’incapacità di lottare.
Lo spunto al pronti via e il caos creato da Valtteri Bottas e Daniel Ricciardo nel corso del primo giro le hanno agevolato il compito. Per il resto la Ferrari vista all’Hermanos Rodriguez è stata incolore, interessata soltanto a difendersi e a portare a casa punti. Unico momento di protagonismo l’ordine di scuderia impartito a Leclerc di far passare Sainz quando questi era più competitivo e il ripensamento a una manciata di tornate dalla fine.
Dunque, l’esito è stato Charles quinto e Carlos sesto, alle spalle di una solida Alpha Tauri con Pierre Gasly.
“Quando ho montato le dure ho faticato per 20 giri avendo accusato molto graining sull’anteriore sinistra”, ha analizzato il monegasco tra lo stupito e il frustrato. “Il mio compagno di squadra invece, aveva meno problemi di me, per cui abbiamo deciso di invertire le posizioni per tentare di raggiungere Pierre. Purtroppo non ci siamo riusciti e siamo tornati a quelle di partenza”.
Il cambio di strategia in corso d’opera
In fin dei conti un piazzamento del genere non ha particolare valore personale, ma forse il madrileno non ha digerito benissimo la scelta del box di rimandarlo indietro non avendo immediatamente centrato l’obiettivo dell’aggancio al francese del team di Faenza.
“Sono stato piuttosto veloce in gara, come d’altronde per l’intero weekend”, ha sostenuto il figlio d’arte, convinto di aver messo in scena una prova consistente.
Come ripetuto sin dalla vigilia dell’appuntamento centroamericano dai protagonisti l’intenzione era quella di fare meglio della McLaren, principale competitor nella generale costruttori. Così è andata. Al contrario nulla è stato possibile contro la AT02.
“Ci aspettavamo di essere davanti ad Alpha Tauri, ma dall’avvio del fine settimana si sono dimostrati più competitivi”, ha chiosato recriminando il contrordine conclusivo e imputando il “fallimento” del recupero alla difficoltà di sorpasso sul tracciato messicano.
Chiara Rainis